Pier Vittorio Tondelli scrittore insofferente a tutte le egemonie
Esce una nuova edizione del saggio di Roberto Carnero sull’autore e la dimensione letteraria giovanile dell’epoca

Pier Vittorio Tondelli potrà piacere o non piacere, ma è innegabile l’innovazione del suo sguardo rispetto alla letteratura italiana. Uno sguardo vergine, rischioso più che altro, Tondelli ha avuto il coraggio della sincerità, di declinare in letteraria anche la “vacuità” ideologica degli anni ’80, tentando di comunicare come l’impegno, in arte, non significhi solo: politica. Non è stato un autore sempre ben accolto, soprattutto dalla critica, oltre al fatto che il suo primo libro, “Altri libertini” (1980), a pochi giorni dall’uscita fu censurato dal procuratore dell’Aquila e ritirato dopo un anno. Ne parla
Roberto Carnero
con
“Lo scrittore giovane. Pier Vittorio Tondelli e la nuova narrativa italiana” (Bompiani, pag. 240, euro 11,00)
, un’edizione rinnovata rispetto al libro già edito vent’anni fa, uscito per Interlinea e ora accresciuto di dati biografici e comparazioni letterarie.
Carnero segue lo scrittore fin dagli esordi, soprattutto inserisce il suo profilo all’interno di un contesto letterario preciso, subito dopo gli anni ’70 e naturalmente evidenzia i contrasti che procurò la sua opera, non ideologizzata in senso politico, ma solo in senso letterario. E certo erano anni poco propensi a perdonare certe libertà. Era anche l’epoca in cui iniziava a delinearsi una precisa letteratura giovane, di qualità, da Tondelli a Busi, per certi aspetti scandalosa, non priva di un energico talento. Tuttavia lo scrittore di “Rimini, Rimini” (1985) e “Camere separate” (1989), si imponeva con un dettato più complesso, più trasgressivo. E la trasgressione stava proprio nel non adeguamento scontato al canone politico, contrastando l’idea che l’arte, e diciamo pure l’emotività, sia alimentata solo da quella responsabilità: «Della letteratura – scrive Carnero – e prima ancora del dibattito culturale, degli anni Ottanta Tondelli rappresenta bene una tendenza caratteristica: il deciso rifiuto delle ideologie, dopo le abbuffate politico- ideologiche tra Sessantotto e Settantasette, e di una letteratura necessariamente “impegnata”, a vantaggio di tematiche individuali, private, minimaliste. Ciò non è stato del tutto digerito dai settori più convenzionali di una certa critica orientata a sinistra, che ha pretestuosamente attaccato Tondelli (salvo poi ricredersi dopo la sua morte) accusandolo di qualunquismo, quando non addirittura di simpatia verso modi di pensare sostanzialmente di destra». Insomma si ribellava a certa egemonia intellettuale, così come alla supremazia culturale dell’avanguardia, era una figura libera, tanto più irriverente trattando temi in fondo trasgressivi, ma alla maniera di Tondelli, non alla Busi o alla Pasolini. Come ha ben scritto Enrico Palandri nella postfazione: tutto, nei libri di Pier, era straordinariamente indisciplinato. Ma al di là dell’omosessualità, anch’essa in fondo non affrontata in modo convenzionalmente letterario, cioè tragico (e quindi molto più universale e democratica), il suo impegno si è sempre rivolto ad argomenti che vanno ben oltre quel sociale che la critica predilige e il successo dei lettori andava a confermare la necessità di certi temi: la delicata fase di crescita che riguarda tutti, tra giovinezza ed età adulta, l’amore, la separazione, tema quest’ultimo trattato splendidamente in “Camere separate”, la consapevolezza dell’abbandono, l’amicizia, la fine delle ideologie, la letterarietà del glam e, infine, la morte. Come ha scritto lui stesso: «Far scoprire cosa significa seguire la propria natura e il proprio istinto, saper essere sinceri con se stessi e pieni di desiderio e di voglia di amare e di cambiare il mondo, anche se io non posso dire in che modo». Oltre ai precisi capitoli dedicati a tutti i suoi scritti, dalla narrativa, al teatro alla saggistica, Carnero mette bene in luce la dimensione letteraria giovanile che si stava profilando in quel periodo e tutti gli strumenti che Tondelli ha sfruttato per promuoverla. Non solo tramite concorsi, antologie, riviste e collane, ma il lavoro di scouting ha dato i migliori esiti con quello che lo scrittore chiamò “Progetto Under 25”, una corrente di narrativa giovanile che proseguirà nei decenni successivi. E questo è un altro suo merito, infine ben sottolineato lì dove il critico formula le comparazioni tra la ricerca della narrativa giovane di allora e quella attuale. I libri necessari sono pochi e sono quelli in cui l’urgenza emotiva si coniuga con una forte tensione stilistica e «la lezione tondelliana, in tal senso, continua a essere preziosa».
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