Patto di Roma, quando l’Italia tifava per gli Slavi

Oggi alla Libreria Minerva la presentazione del saggio curato dallo storico Francesco Leoncini

TRIESTE. La Grande Guerra stava per finire e l'Italia organizzò nella capitale il "Congresso delle Nazionalità oppresse dall'Impero austro-ungarico". Nei tre giorni di lavori (8, 9 10 aprile 1918) in Campidoglio venne formulato il "Patto di Roma" con il quale il nostro Paese elaborò un disegno di politica estera di ampio respiro, delineando il futuro del continente alla fine del conflitto.

Il Patto riveste due importanti aspetti: supera l'accordo di Londra in base al quale l'Italia era entrata in guerra contro le potenze centrali nel 1915, e rivolge la sua attenzione verso quella "famiglia slava" con la quale deve allearsi per giocare un ruolo guida nella nuova Europa. Sono le idee di Giuseppe Mazzini, che collocava il Risorgimento italiano nell'ambito della rinascita nazionale dei popoli europei, tra i quali in grande considerazione doveva essere tenuto quello della "Grande Illiria", di coloro che abitavano la dirimpettaia costa dell'Adriatico. Mazzini aveva specificato che i confini d'Italia non andavano oltre Pola (chiaro il rimando a Dante) e che l'Istria era italiana, ma dopo Fiume bisognava confrontarsi con l'elemento slavo.

Questa gloriosa pagina di storia nazionale viene trattata nel volume "Il Patto di Roma e la Legione Ceco-Slovacca. Tra Grande Guerra e Nuova Europa" (Kellermann editore, pagg. 240, euro 18,00), curato dallo storico veneziano Francesco Leoncini, il maggiore studioso italiano di storia ceco-slovacca. Nel libro sono ospitati i saggi di Pavel Helan, Michal Kšinan, Francesco Leoncini, Vincenzo Maria Pinto, Giovanni Villani e contributi di Gianni Aiello, Lamberto Ferranti, Giuseppe Mazzaglia, Sergio Tazzer.

L'Italia muta il suo atteggiamento nei confronti dei popoli slavi dopo la disfatta di Caporetto. Bisogna rispondere agli austro-tedeschi e la pregiudiziale anti-slava, o meglio anti-jugoslava, che permeava la politica italiana cade. Come si modifica lo scopo finale dell'entrata in guerra: si vuole la dissoluzione dell'impero e si vuole che i suoi popoli possano avere una completa indipendenza. Fu Andrea Torre, deputato di orientamento liberal radicale a far sì che il "Congresso", inizialmente pensato a Parigi, si spostasse a Roma e si spese perché la questione della Dalmazia (promessa all'Italia nel patto di Londra) venisse ridiscussa dagli interessati. Di quel Patto non rimase nulla: dopo la vittoria in Italia prevalse la politica nazionalista che il Fascismo portò alle estreme conseguenze. Dal Patto di Roma nacque la Legione ceca che combatté a fianco dell'Italia nella riscossa del Piave. Il volume curato da Francesco Leoncini sarà presentato oggi alle 18 alla libreria Minerva da chi scrive insieme a Walter Chiereghin e Fulvio Senardi. Interverrà l'Autore.

Pierluigi Sabatti

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