Paolo Longo è il nuovo direttore del Coro «Un ritorno inatteso al Verdi di Trieste»

l’intervista
È il pianista, direttore d’orchestra e compositore di lungo corso Paolo Longo, il nuovo direttore del coro del Teatro Verdi di Trieste. Longo prende il posto di Francesca Tosi, che l’ha preceduto per cinque anni alla guida della compagine corale. Una carriera internazionale iniziata da maestro collaboratore proprio al Verdi e proseguita in Francia come Chef de Chant e Chef Assistant all’Opéra National de Lyon, al Théâtre du Châtelet e al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi, Paolo Longo sale sul podio a pochi giorni dalla ripresa dell’attività artistica prevista per sabato 10 settembre. Longo, fra l’altro, è stato assistente e collaboratore di direttori d’orchestra quali Abbado, Boulez, Fedoseyev, Gavazzeni, Harding, Ozawa e Prêtre, ha diretto numerosi concerti e opere in Francia, Italia, Svizzera, Grecia, Croazia, Ungheria, Uzbekistan, ed ha registrato per le etichette Rainbow Classics, Tactus, Phoenix Classics, Chromas e Taukay. Strenuo sostenitore del repertorio contemporaneo, ha diretto e curato le prime esecuzioni di più di centocinquanta compositori italiani e stranieri mentre come compositore è stato più volte premiato in importanti concorsi internazionali e la sua musica, eseguita e radiodiffusa internazionalmente, è stata oggetto di seminari e stage d’approfondimento in diversi Paesi.
Ritornato in Italia, dal 2007 sino a oggi ha rivestito il ruolo di Direttore musicale di palcoscenico al Teatro Verdi di Trieste, dove ha diretto numerosi concerti dedicati alla musica del ‘900 e contemporanea nonché alcune produzioni d’opera e di balletto.
E ora arriva il compito di guidare ufficialmente il Coro della Fondazione, dopo un primo assaggio risalente allo scorso gennaio, quando è stato chiamato a sostituire in extremis Francesca Tosi assente per motivi personali.
«Devo confessare di aver accettato questo incarico con un po’ di titubanza e senza enormi aspettative – racconta il neo direttore – perché avendo fatto il maestro del coro solo occasionalmente nutrivo forti perplessità soprattutto per il lato umano, in quanto il fatto di avere quotidianamente a che fare con una massa numerosa non è mai semplice da gestire. Invece, appena ho iniziato, le mie preoccupazioni sono svanite come neve al sole perché mi sono trovato in un ambiente estremamente positivo nonostante tutte le problematiche di questi ultimi anni, con una gran voglia di fare e di lavorare con molta attenzione e disciplina. Per tre mesi ho lavorato con i colleghi del Coro per preparare i concerti sinfonici in streaming ed è stata davvero una bella e proficua avventura».
Più tardi ha mai pensato che l’avventura potesse anche continuare?
«Sinceramente no, ritenevo che dopo quei tre mesi la mia esperienza corale fosse conclusa. Invece, a estate inoltrata, mi è arrivata la richiesta ufficiale di ‘trasferirmi’ in coro e prendere in mano la situazione in modo più continuativo, richiesta che, questa volta, dopo la positiva esperienza di gennaio, ho accettato senza molti patemi, consapevole di essere in un ambiente veramente positivo in cui c’è la possibilità di fare qualcosa di molto buono a tutti i livelli».
Da direttore d’orchestra a direttore di coro c’è diversità di approccio?
«Sono mondi molto diversi ma l’approccio di base, nella musica come in qualunque disciplina, deve essere lo stesso partendo dal presupposto di una preparazione totale e assoluta in ciò che si fa. Il mio è un approccio di collaborazione costante, affinché ci si possa esprimere al meglio delle nostre capacità professionali. Poi, nello specifico, io non ho mai smesso di lavorare con le voci, anzi direi che la voce umana è forse la costante di tutto quello che ho fatto nella musica, sia come maestro collaboratore, coach-preparatore che compositore».
Quale repertorio vorrebbe approfondire in questa nuova veste ?
«Nonostante tutti i miei gusti modernistici e contemporanei adoro Monteverdi e il repertorio antico che qui si è giocoforza fatto poco ma mi piacerebbe approfondire anche la musica corale romantica così come il primo ‘900. Mentre in ambito operistico, quello che mi interessa per il momento è riuscire a spingere sempre di più la qualità di ciò che si fa, attraverso un quotidiano paziente certosino lavoro di approfondimento». —
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