Ornella Vanoni è a Trieste «Con Strehler scoprii Pirona»

«Trieste è una città meravigliosa, con una delle più belle piazze che abbia mai visto: l'anno prossimo vorrei tenere un concerto in piazza Unità». Ornella Vanoni in questi giorni a Trieste per...
Di Gianfranco Terzoli
Silvano Trieste 30/06/2014 Ornella Vanoni
Silvano Trieste 30/06/2014 Ornella Vanoni

«Trieste è una città meravigliosa, con una delle più belle piazze che abbia mai visto: l'anno prossimo vorrei tenere un concerto in piazza Unità». Ornella Vanoni in questi giorni a Trieste per rivedere la città, cui è particolarmente legata, ricorda la sua prima visita «con Strehler che allora era il mio compagno: mi ha portato a Barcola e da Pirona e lì si è commosso, ricordando i dolci che mangiava da bambino. Andrò a farci merenda pensandolo. Trieste mi ha colpito moltissimo e chi me l'ha fatta conoscere è stato lui».

Poi «ci sono tornata più volte a cantare e recitare. E poi c'è il mare: le città di mare sono sempre stupende. Mi piace camminare per strada e sentirmi chiamare Ornela, con una elle. Il ricordo più buffo? Quando una volta i ragazzi della radio mi hanno accompagnata sul Carso. E io “adoro i fiumi”. Mi hanno guardata strano, ma pensavo davvero fosse un fiume. Cenai in un ristorante (La Bora?) dove c'era una gabbia con dentro un orso. Dopo un paio di bicchieri ho iniziato a metterci la mano dentro. Sono arrivata al concerto un po' allegra. Al Rossetti il palco era in pendenza: pian piano mi ritrovavo sempre più in basso...».

Anche Paoli «è nato qui vicino, a Monfalcone: con la mamma parlava triestino. Poi è tornato spesso finché era viva la zia. È il più rock: rock è un modo di essere, di vivere». E infine Endrigo: «ha scritto canzoni bellissime, aveva un taglio colto-popolare». La musica brasiliana «è molto avanti rispetto alla nostra e nemmeno facile da suonare: tutto è leggermente anticipato». Parla di Joao Gilberto e cita Jobim e Chico Buarque «tutti amici miei: ho conosciuto Caetano Veloso quando aveva 16 anni: lui e Gilberto Gil sono stati fucilati a salve e poi scappati a Parigi».

Con Pino Roveredo, dice, «andrò a visitare la sezione femminile del carcere di Trieste, come ho fatto a San Vittore dove ho anche cantato: mi piace parlare con le detenute. Pino è uno scrittore geniale: ha delle intuizioni incredibili e non si perde in descrizioni. Ha una scrittura condensata. È un vero talento, ma a Trieste avete avuto tanti grandissimi scrittori. Qui la gente è calma, a Milano sono tutti nervosi. Una giornata come oggi, grigiolina, mi piace da morire. Il clima di Milano non più: è diventato tropicale». Adesso finirà di portare in giro lo spettacolo “Un filo di trucco, un filo di tacco”. Poi farà jazz. «Il mio sogno è lavorare sempre con Paolo Fresu: tra noi c'è un tale feeling che anche se una canzone lui non l'ha mai suonata e io non l'ho mai cantata, alla prima è buona. Appena ha posato le labbra sulla tromba ho detto: è lui. E mi sto occupando della produzione di un ragazzo in cui credo molto, Paolo Maccagnino, semifinalista ad “Amici”. Ma oggi in Italia di cantanti ne escono troppi».

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