“Opera rock”, la lunga storia dei concept album

Daniele Follero e Donato Zoppo raccontano nascita e sviluppo dei “romanzi sonori”

In un’epoca di musica liquida, in cui la fruizione si orienta sempre più verso l’ascolto di singoli brani, tra Spotify e iTunes, risulta forse strano immaginare un album che racconta una storia da seguire dalla prima all’ultima canzone. Eppure c’è stato un tempo in cui i dischi erano come romanzi sonori, in cui ogni brano era legato tematicamente all’altro. Per chi è nato e vissuto ai tempi del vinile suonerà familiare quanto riassunto in “Opera Rock–La storia del concept album” (Hoepli, pagg 297, euro 29, 90) di Daniele Follero e Donato Zoppo, dagli albori quasi inconsapevoli di Woody Guthrie nel 1940 o Frank Sinatra, che nel ’55 assembla in un album una serie di ballad incentrate sul tema dell’amore perduto, fino a oggi.

Ma è nel ’67 con “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles che qualcosa cambia: sulle orme tracciate da “Pet Sounds” dei Beach Boys, il disco segna uno spartiacque nel mondo del rock e avvia la prima stagione del concept album; a seguire l’esempio dei Fab Four saranno in tanti.

Se come sosteneva Mike Rutherford dei Genesis «è facile scrivere storie surreali con animaletti e nani, decisamente inusuale farne una che abbia come protagonista un operaio e la sua catena di montaggio», a superare il cliché ci pensano gli Who che nel ’69 a Woodstock presentano “Tommy”, parabola di un ragazzo sordo, muto e cieco. Dieci anni dopo arriva l’opera rock per eccellenza “The Wall” dei Pink Floyd che supera le categorie per orientarsi verso una fruizione multimediale: disco, live show e film non sono episodi a se stanti, ma un’unità di senso. Non si può non citare “Ziggy Stardust” di David Bowie, che racconta la storia di un musicista in comunicazione con gli alieni e raccoglie un successo senza precedenti; l’approccio di Bowie è totalizzante: non solo crea i personaggi delle sue storie, ne veste i panni. E l’Italia? Il più prolifico è De André con i suoi concept-capolavori “Tutti morimmo a stento”, “La Buona Novella”, “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Faber ha cantato la morte, l’anarchia, la religiosità come campo di scontro meglio di chiunque altro; Battisti il mutamento delle relazioni uomo donna, Baglioni le emozioni degli adolescenti, Battiato le molteplici discese nella materia e nell’energia, Bennato la rabbia di una generazione. Il libro si chiude con esempi più recenti: Caparezza “Le dimensioni del mio caos” del 2008 definito “fonoromanzo”, “Il mondo nuovo” del Teatro degli Orrori (2012), «DIE» di Iosonouncane (2015).

Un volume corposo, pieno di tabelle, box, citazioni, schede tematiche, sia da leggere tutto d’un fiato che saltando di qua e di là: una formula efficace e moderna adottata da questa collana curata da Enzo Guaitamacchi.

Elisa Russo



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