Oona sposa Chaplin e Salinger tradito scrive un capolavoro

Non tutti sono fatti per la felicità più comune di un amore realizzato. Da che mondo è mondo sulla carta vincono i rapporti pieni di ostacoli. Basta pensarci: se due persone si incontrano, si piacciono e si amano che c'è da raccontare? Non c'è pathos né animo. E in fondo i romanzi che ti fanno correre dietro alle pagine sono sempre, e in tutti i generi, quelli che non si sa come va a finire. Insomma sarà un luogo comune questa storia dell'amore impossibile, ma un luogo comune che ha radici profonde se pure i trovatori, secoli fa, avevano capito che certe storie meritano di meglio che essere vissute. Per cui con i loro ridicoli costumi cantavano lunghe serenate a donne inaccessibili e, affranti, se ne tornavano poi a casa dalla moglie. Lezione elaborata al meglio dagli stilnovisti, per non parlare di Cervantes o Tasso, fino a Dickens, Austen, Roth e molti altri.
Chi dedica un libro al tema è Frédéric Beigbeder, lo scrittore di "Lire 26.900" o "L'amore dura tre anni", un temperamento conosciuto per le sue provocazioni. Non è certo provocatorio allo stesso modo l'ultimo "Un amore di Salinger" (Mondadori, pag. 257, euro 19,00), misurato da una riflessione che declina la trama a più generi (dal cronachistico all'epistolare) e con quella felicità di scrittura che gli è solita. Da Salinger prende la storia, e anche un pizzico di stile, talvolta volutamente troppo colloquiale e liricamente scanzonato, una formula che ha i suoi buoni effetti per tenerti incollato alla pagina. Di più c'è il fatto che ciò che racconta è il devastante amore di Salinger per Oona O'Neill, proprio la figlia del Premio Nobel e che lo scrittore ha frequentato intensamente prima di partire per la seconda guerra mondiale.
È una mattina del 1943 quando Jerome, da una rivista che stava leggendo un compagno d'armi, apprende che la sua Oona, a diciotto anni, sposerà Charlie Chaplin (sarà la terza moglie, fino alla fine dei giorni dell'attore hollywoodiano). In teoria loro sono ancora fidanzati e in pratica Salinger riesce a sopravvivere agli orrori a cui assiste ogni giorni grazie a questo amore. Il cuore di Holden collassa, ed è peggio che trovarsi in un campo minato. Beigbeder ce lo racconta intersecando più generi. C'è il gusto del gossip e del glamour, le fantastiche notti newyorkesi allo Stork 54, dove c'erano tutti, da Capote a Monroe, per passare alle passerelle vip di Los Angeles. Ma non è questo a sedurre. Non come la vita e la poetica di Salinger, lui che ha sempre creduto negli amori impossibili, ne resterà segnato per tutta la vita. Proprio da questa passione interrotta sprizzerà il suo talento. Forse pure Holden non sarebbe stato scritto senza ciò che gli strizzacervelli hanno definito: mancata elaborazione dell'abbandono. Una sorta di rimozione che ti toglie dagli impicci sentimentali. Lui mica sta lì a piangere, è in Francia e si butta nella mischia, fa l'eroe, ma è chiaro che il cuore rimarrà interrotto.
E qui i capitoli si fanno altissimi, sia per l'entrata in scena di Hemingway, sia per il percorso parallelo che adotta Beigbeder: da una parte la vita fastosa della coppia Chaplin, dall'altra le granate che spaccano la testa, i campi di concentramento, gli orrori a cui assiste Salinger, facendo chiarezza anche sullo sbarco in Normandia. Amore, guerra, abbandoni, tutto concentrato in un temperamento ancora adolescente, e che rimarrà tale, come Jerome stesso si definì. Ed è vero, perché leggendo il romanzo di Beigbeder non si può non pensare agli assoluti, all'attimo prima della tragedia sentimentale che ti fa diventare adulto e che di solito capita a tutti, ma c'è chi, appunto, riesce a rimanere incontaminato. Riesce a rimanere Holden. (m.b.t.)
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