Ninetto Davoli: «Pasolini veniva da me a Trieste mentre girava Medea»

Lui, Ninetto Davoli, è il più famoso tra quegli interpreti dal fascino ingenuo e spontaneo scoperti da Pier Paolo Pasolini, il grande poeta, scrittore, regista friulano di cui ricorrono i 40 anni...
Di Paolo Lughi

Lui, Ninetto Davoli, è il più famoso tra quegli interpreti dal fascino ingenuo e spontaneo scoperti da Pier Paolo Pasolini, il grande poeta, scrittore, regista friulano di cui ricorrono i 40 anni dalla morte.

Davoli, che è entrato in scena nei capolavori della maturità del genio di Casarsa ("Uccellacci e uccellini", 1966; "Edipo re", 1967; "Teorema", 1968), non partecipò a "Medea" (1969), girato a Grado con protagonista Maria Callas, solo perché durante le riprese svolgeva il servizio militare a Trieste.

Ma la vicinanza col set fu lo stesso importante. Di questo Davoli parlerà stasera a Grado all'apertura (diga Nazario Sauro, ore 21) di Lagunafest 2015 (fino al 7 agosto), insieme alla moglie del pittore Giuseppe Zigaina, Maria De Carolis, e al direttore artistico di Lagunafest, Sergio Naitza. Abbiamo chiesto al telefono a Davoli, ora in tour col lavoro teatrale di Pasolini "Il Vantone" (che sarà rappresentato in inverno a Casarsa), di anticiparci alcuni ricordi.

«Per me fu proprio impossibile lavorare in 'Medea' - esordisce Davoli - Stavo facendo il militare e dopo dieci mesi ad Arezzo mi trasferirono a Trieste per due mesi. Ero stufo di quell'esperienza, perché all'epoca fare il militare era una cosa rigida!».

Ma riuscì lo stesso a frequentare il set di "Medea"?

«Un paio di volte andai sull'isola dove Pier Paolo girava con la Callas e gli altri, ma non potevo spostarmi troppo. Così fu piuttosto Pasolini, a cui telefonavo piangendo, a venire a trovarmi a Trieste (dove aveva anche un cugino ufficiale) quattro o cinque volte fra le riprese. Questo mi diede un po' di allegria e coraggio negli ultimi giorni di naja».

Ma lei non era già noto come attore?

«Beh, la parola attore mi viene difficile! Comunque in caserma e per strada qualcuno mi riconosceva, perché avevo già fatto 'Uccellacci e uccellini', e questo talvolta mi serviva. Ricordo che una sera ero riuscito a fare un giro con una ragazza sulla mia Alfa Romeo GT rossa. Ma un maresciallo di ronda mi riconobbe, tentò di fermarmi, mi aspettò in caserma e mi diede dieci giorni di punizione. Accadde però che un generale avesse bisogno di alcune divise della grande guerra per una parata, e mi fece chiamare per la mia conoscenza del mondo del cinema. Io telefonai subito a Piero Tosi, il costumista di Pasolini e di 'Medea', che per fortuna aveva in magazzino venti divise e le fece spedire. Così i dieci giorni di punizione divennero dieci giorni di licenza premio».

Com'era Pasolini sul set di "Medea"?

«Era felice di girare in luoghi che lui amava profondamente, in particolare nella laguna di Grado che il pittore Zigaina gli aveva fatto conoscere. Parlava spesso del Friuli, erano i luoghi della sua adolescenza, dei bagni con gli amici nel Tagliamento, della casa dove aveva vissuto con la madre, dove ci portò altre volte. Ne parlava come se volesse fare un film solo su questi posti, anche se poi non lo fece».

Quale fu il rapporto con la Callas?

«La Callas non stava affatto bene in quel periodo, e incontrando Pasolini, con la sua gentilezza, i suoi modi umani, si infatuò di Pier Paolo. Nacque una passione di cui aveva evidentemente bisogno. Lui era straordinario con le persone, preferiva lavorare con i 'non attori' perché tirava fuori da loro la verità. Dagli attori esce invece il 'lato professionale', che a lui non piaceva».

Come mai con circa 80 film girati lei è stato premiato solo dieci anni fa per "Uno su due" di Cappuccio?

«È un fatto curioso ma anche semplice da spiegare: non ho mai imparato a fare l'attore, ho sempre fatto solo me stesso e sono rimasto la persona che Pasolini aveva conosciuto. Io ancora ci parlo con Pier Paolo, lo consulto sempre. Quando mi hanno premiato ho guardato in cielo e ho detto: 'A Pa', ma te rendi conto che m'hanno dato un premio?'».

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