“Niente da dichiarare”: il confine di Gorizia piccolo compendio della Cortina di ferro
Torna in una nuova edizione ampliata l’opera di Covaz. Mercoledì lettura scenica nel capoluogo dell’Isontino

Il 13 dicembre del 2007 usciva “Gorizia-Nova Gorica. Niente da dichiarare” e la data non era stata scelta casualmente: otto giorni dopo, la Slovenia sarebbe entrata nello spazio Schengen. Alla stessa maniera, non è casuale la sua recentissima ripubblicazione, sempre per la Biblioteca dell'Immagine, peraltro in una versione ampliata (pagg. 162, euro 16): se non ora, con la Capitale europea della Cultura, quando?
Mercoledì, alle 18, alla sala Dora Bassi del capoluogo isontino la presentazione in forma di lettura scenica a cura di Gorizia Spettacoli: parteciperanno gli attori Alessio Bergamasco e Raffaella Munari.
In questi diciotto anni sono stati in molti ad indagare l’area transfrontaliera, ma quel libro, che tra l'altro era andato esaurito in tempi assai brevi, davvero lo si può considerare un precursore, un battistrada. Al punto che, a rileggerlo, non perde nulla della sua freschezza. E della sua attualità. Anche perché la sospensione da pochi mesi dell’accordo di Schengen, che certo stride con lo spirito d’integrazione di Go!2025, riporta inevitabilmente alla mente i ben altri controlli che c’erano al confine. E le ben altre file di vetture. Come quelle che sono rimaste impresse a Robertino quando, nel 1970, i suoi genitori lo avevano portato nell’ex Jugoslavia per acquistargli un letto a bordo di una 128 di colore giallo, sotto il solleone di luglio (ah, sì, le stagioni di una volta!). Ma che paura il ritorno in Italia! O, meglio, che paura passare sotto gli sguardi truci dei graniciari che presidiavano il valico di Casa Rossa! In fondo, la divisione non riguardava solo due città, due Stati, ma due mondi, due economie. Sì, tutta un’altra aria rispetto a quella che, ormai, da un bel po’ si respira.
Robertino, in ogni caso, non è un personaggio qualsiasi, ma l’autore del libro: il monfalconese Roberto Covaz, che a lungo è stato una firma del Piccolo. E che, al di là delle vicende autobiografiche, grazie alla curiosità, all’intuito del cronista, ne ha raccolte altre, magari interpellando testimoni che il clima della cortina di ferro lo avevano conosciuto perfettamente. E temuto. E che, come tutti all’epoca, per recarsi nel Paese vicino dovevano esibire il lasciapassare, la mitica prepustnica.
È il caso della giornalista Dorica Makuc, scomparsa nel 2020, che, con indomito disincanto, «Non cambierà niente nemmeno senza il confine», aveva affermato all’autore. Go!2025 le avrebbe fatto cambiare idea? E, tra i tanti personaggi che passano in rassegna, come non soffermarsi su Rado, uno strillone popolare e poliglotta mancato agli inizi dei Duemila, che, per qualcuno, era stato una spia dei partigiani di Tito? Del resto, nel 1985 è sempre Robi (come gli amici chiamavano il caporal maggiore Covaz) a sentirsi ammonire dal comandante della caserma Ferrari-Orsi di Caserta, in attesa di sapere dove avrebbe proseguito la naia: «A Gorizia c’è il rischio di incamminarsi lungo qualche strada che finisca dritta in Jugoslavia, che non è amica dell’Italia». Va da sé la reazione degli altri capi carro destinati al capoluogo isontino: «Ma che razza di posto è questo?».
Una risposta, Covaz l’aveva già in mente nel 2007. Ed è ancora valida. «Gorizia – scrive – ha pudore nel mostrarsi; è diffidente come se temesse costantemente di essere derubata. Bisogna avere molta pazienza nel conoscerla e non scoraggiarsi quando, sulle prime, ti respinge. Ma se capisce che le vuoi bene ti ripaga svelandoti gioielli impensabili». Ed ecco che, tra le affascinanti storie che emergono, ci sono quelle dei fratelli Rusjan, pionieri del volo, e dell’intraprendente contessa di Salcano Lyduska de Nordis – Hornik, che, nella sua esistenza avventurosa, si divideva tra questo territorio e il Kenya.
Nel complesso, i capitoli della prima edizione, veri e propri racconti brevi, erano dodici; in questa, sono aumentati di sette. E pure il corollario di immagini, tutte in bianco e nero, è cresciuto. Il motivo? Ovvio: GO!2025, che obbliga a ripensare alla vita di frontiera e ha suggerito all’autore nuove incursioni per indagarla. Trovano allora posto l’inaugurazione dell’evento, l’8 febbraio scorso, la rete confinaria riapparsa in epoca Covid, il devastante incendio del Carso avvenuto nell’estate del 2022 e qualche altro accadimento che ha scandito questi diciott’anni. Il risultato è un prezioso contributo alla valorizzazione di Gorizia e Nova Gorica, lo stesso obiettivo della Capitale europea della Cultura. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo