Nell’Isola di Brendano di Carlo Sgorlon ritornano la sacralità e il mistero del mondo

Dopo “La foiba grande” ripubblicato da Mondadori ora Mimesis propone un’intera collana di inediti
CARLO SGORLON SCRITTORE FOTO TONIOLO / AGF
CARLO SGORLON SCRITTORE FOTO TONIOLO / AGF

Roberto Carnero

È un momento fortunato per Carlo Sgorlon: dopo la riproposta, da parte di Mondadori, del romanzo “La foiba grande” (di cui abbiamo parlato su queste colonne alcuni giorni fa), la casa editrice Mimesis inaugura un'intera collana di opere inedite dello scrittore friulano, diretta da Franco Fabbro, con una prima uscita già disponibile: “L'isola di Brendano” (pagg. 290, euro 20). Viene così sottolineata la centralità di questo autore nel panorama della narrativa italiana del secondo Novecento, autore - come spesso capita anche ai grandi - la cui fama si era un po' oscurata dopo la sua morte, avvenuta nel 2009 alla soglia degli ottant'anni.

Nato a Cassacco (Udine) nel 1930, dopo la laurea in Letteratura tedesca alla Normale di Pisa e un periodo di perfezionamento all'Università di Monaco di Baviera, Sgorlon è stato per molti anni docente di materie letterarie in un istituto tecnico di Udine, per poi dedicarsi, dal 1980, interamente alla narrativa. La vocazione romanzesca era per lui la risposta a un bisogno ritenuto istintivo e primordiale nell'uomo, quello di raccontare e ascoltare storie. Amava ripetere che lo scrittore è colui che, come gli sciamani delle civiltà primitive, attraverso la magia dell'atto del raccontare stabilisce una forma di comunicazione con l'ignoto, il mistero, l'inconscio, consentendo all'uomo moderno, spesso confuso e disorientato, di recuperare un significato alla propria esistenza. A questa valenza mitica e quasi religiosa della narrazione si accompagna il senso della sacralità della vita e della natura, in romanzi incentrati su temi quali lo scorrere del tempo, la precarietà dell'esistenza, ma anche una moralità fattiva, l'amore per la terra friulana e per la sua gente.

Se l'esordio data al 1968 con il romanzo “La poltrona”, è vincendo il premio Campiello nel 1973 con “Il trono di legno” che Sgorlon ottiene fama e celebrità. Dopo una seconda attribuzione dello stesso riconoscimento dieci anni dopo, nel 1983, con “La conchiglia di Antaj”, nel 1985 gli viene assegnato anche lo Strega per “L'armata dei fiumi perduti”.

«Carlo Sgorlon - scrivono Franco Fabbro e Marco D'Agostini nella prefazione al volume appena uscito da Mimesis -, è considerato il più grande scrittore friulano, ha pubblicato oltre trenta romanzi vendendo diversi milioni di copie in tutto il mondo; numerosi racconti, saggi e una vastissima serie di articoli su diversi quotidiani nazionali. È stato un autore che alle grandi doti narrative ha saputo unire analisi puntuali e profetiche sulle trasformazioni economico-sociali moderne. La sua poetica è un intreccio e una sintesi equilibrata tra gusto per l'arcaico, valori e tradizioni della vita contadina, ecologia, spiritualità, amore per la scienza e la ricerca. Le sue storie sono spesso ambientate in una dimensione sospesa in cui è difficile cogliere esattamente tempo e luogo delle azioni e degli ambienti in cui si muovono i personaggi, ma nella quale è percepibile la profondità che gli stessi raggiungono attraverso esperienze di vita vera, spesso durissima». “L'isola di Brendano”, il romanzo con cui viene inaugurata la collana di Mimesis, ha per protagonista un architetto di origini irlandesi che decide di lasciare Baltimora, dove vive, per stabilirsi in una cittadina del Friuli a ridosso delle Alpi. Il suo compito è la messa in sicurezza degli edifici pericolanti colpiti da un terremoto. La sua vita si intreccerà con quella di altre persone, ciascuna delle quali assume un ruolo preciso, agendo in accordo o disaccordo con un destino che pare ineluttabile. Spiega Edda Agarinis Sgorlon, vedova dell'autore, in una postfazione al libro: «Questo romanzo rappresenta l'ultimo traguardo della poetica espressa nell'arco dell'attività letteraria da parte di mio marito». E riporta una dichiarazione dello scrittore, che illumina il senso della sua intera produzione: «La mia poetica si fonda sui pilastri dell'archetipo, dell'ecologismo, dell'invenzione mitico-fantastica, della sacralità e del mistero del mondo». —

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