Nella storia del Leone il destino di Trieste lungo il secolo breve

Due volumi ricostruiscono la storia della compagnia che è da sempre crocevia finanziario dell’Italia
Di Piercarlo Fiumanò
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di PIERCARLO FIUMANÒ

Le Generali sono ancora l'oro di Trieste? Per capirlo è sufficiente guardare a una storia che nasce e affonda le sue radici nel grande emporio triestino. E si sviluppa nell’arco di due secoli come la rappresentazione di una grande impresa d’assicurazioni che diventa il crocevia finanziario del Paese. Storia ricostruita in due volumi (“Generali nella storia. Racconti d'archivio”), appena pubblicati dalla compagnia e da Marsilio, che nascono dalla necessità di valorizzare la preziosa documentazione dell’Archivio storico. Tutto venne raccolto nella “cella”, il Santo Graal delle Generali, la stanza che nella seconda metà dell’800 venne usata per conservare i verbali d’assemblea e i documenti della compagnia. I due volumi, dedicati all’800 e al ’900, hanno il pregio di ritrarre storia e personaggi che hanno fatto la storia della compagnia in un arco temporale che va dai padri fondatori fino a Cesare Merzagora a Enrico Randone.

La storia comincia quando Giuseppe Lazzaro Morpurgo, insieme a un gruppo di imprenditori il 26 dicembre 1831 firma l'atto costitutivo delle Assicurazioni Generali “Austro-Italiche" (il riferimento alla dominazione asburgica scomparirà nel 1948). Giovanni Cristoforo Ritter de Zahony è il primo presidente, lascerà l’incarico quattro anni dopo in disaccordo con gli altri soci. Nell'arco di un decennio le Generali diventano la maggiore compagnia dell'Impero austriaco che regola i suoi traffici sul porto di Trieste. La prima sede è Palazzo Carciotti. Nelle prime polizze il Leone di San Marco compare andante a sinistra con la spada sguainata. Con la costituzione del Regno d'Italia, il porto austriaco di Trieste entra in crisi per i difficili collegamenti ferroviari con l'entroterra. La crisi finanziaria che sconvolge la penisola favorisce l'espandersi della compagnia anche se quattro quinti del capitale sono già in mani italiane. Fra la fine degli anni ’70 e l'inizio degli anni ’80 le Generali cercano nuovi sbocchi nel bacino del Mediterraneo e nei maggiori porti d'oltreoceano.

Durante la Belle époque le Generali sono al culmine di una fase di vivace sviluppo. Nel 1907 lavora, per un anno, alla sede di Praga un certo Franz Kafka («Sto imparando l’italiano perché, prima di tutto, andrò probabilmente a Trieste», scrive a Hedwig Weiler). Vengono realizzati in quest'epoca i palazzi più prestigiosi come quelli in piazza della Signoria a Firenze e in piazza Venezia a Roma. L'ingresso dell'Italia nel conflitto comporta l'interruzione dei rapporti fra la direzione centrale (in parte trasferita a Vienna) e Venezia, sede a cui nel 1916 viene rilasciato il certificato di nazionalità italiana. Gli archivi, come osserva Paolo Mieli nell'introduzione al volume, mostrano «quanto sia stato problematico e tribolato trovarsi per 85 anni a cavallo fra due realtà, quella risorgimental-italiana e quella austriaca, ma le Generali seppero trasformare questa costrizione a essere sovrannazionali in un valore». Nella sua Autobiografia Marco Besso, presidente dal 1909 al 1920, documenta la lealtà della compagnia al governo di Vienna ma anche i suoi sentimenti chiaramente filoitaliani. Per lo storico Giulio Sapelli, che ha scritto accurati saggi sulle assicurazioni triestine, le Generali, che hanno origini «ebraico-risorgimentali», sono sempre state fortemente italiane.

Nel 1917 dopo Caporetto, per paura di rappresaglie a Venezia, la compagnia trasferisce gli uffici della direzione centrale a Padova e concentra a Roma la gestione delle attività nei Paesi dell'Intesa. Al termine del conflitto nel novembre 1919, l'assemblea viene convocata a Trieste italiana mentre il gruppo con la dissoluzione dell'impero asburgico perde le sue numerose succursali in Austria. Nella seconda guerra mondiale gli affari si restringono alle tre Venezie, al Piemonte alla Lombardia.

Le leggi razziali del 1938 colpiscono anche le Generali con la messa al bando dei dirigenti di estrazione ebraica. Edgardo Morpurgo, che nel 1930 ha sostituito Marco Besso alla presidenza, è costretto all'esilio in Argentina. L'ex ministro delle Finanze di Mussolini, Giuseppe Volpi di Misurata, nel 1938 assume la presidenza. Dopo la guerra la quasi totalità dei beni e degli interessi nell'Europa Centro Orientale sono irrimediabilmente perduti. Dietro la cortina di ferro le Generali perdono una quindicina di compagnie. L’istituto assicura l’impresa polare di Umberto Nobile. Alla soglia degli anni Cinquanta la compagnia è presente in una sessantina di Paesi e cinque continenti. Vi lavora il più grande matematico italiano: Bruno de Finetti al quale è dedicato un ampio capitolo.

Trieste subisce il dramma dell'occupazione titina. La sede legale, durante l'amministrazione alleata, viene trasferita a Roma. Nell'ottobre 1954 Trieste, sede della direzione centrale, torna all'Italia. Mediobanca assume una partecipazione di rilievo nel gruppo: è l'inizio di un lungo legame azionario in un crocevia cruciale della finanza italiana. Nel 1968 l'ex presidente del Senato Cesare Merzagora, prende il timone da Gino Baroncini. Merzagora, per tutti gli anni Settanta, sarà strenuo difensore dell'indipendenza del gruppo: «Il suo sforzo costante fu quello di mantenere l’indipendenza della compagnia, giocoforza ricorrendo a Mediobanca, l’azionista più influente, destinato a diventare il perno di equilibrio di delicati rapporti di forza», si sottolinea nel volume. Appassionato incisore di medaglie, Merzagora in una lettera del 1979 neggherà all’allora imprenditore Silvio Berlusconi la possibilità di entrare nell'azionariato e nel consiglio di amministrazione delle Generali.

Negli anni del boom economico il gruppo triestino è fra i primi in Europa. Negli anni Settanta l'intero sistema mondiale viene investito dalla recessione e anche il comparto assicurativo entra in crisi. Le Generali accelerano gli interventi di rafforzamento patrimoniale e ricevono l'Oscar per la migliore relazione di bilancio grazie a Fabio Padoa, padre di Tommaso Padoa-Schioppa che diventerà ministro e componente del board della Banca centrale europea.

Nel 1979 Enrico Randone diventa presidente. Il gruppo controlla un gruppo di 35 compagnie assicuratrici e 67 fra società immobiliari, finanziarie ed è in questo periodo che si piazza ai primi posti del mercato europeo. Il gruppo si lancia nella scalata alla francese Compagnie du Midi: Randone è il regista di una grande svolta strategica anche se il colpo in Francia (per l’intervento di Axa) non va a segno. Napoletano «che va perfettamente d'accordo con i triestini» in una storica assemblea del 1989 lanciò l'allarme sui rischi di scalata negli anni dei raider d'assalto. Un timore da sempre avvertito a Trieste: il rischio, cioè, che le Generali si trasformino in una facile preda. Nel 1989 diventa operativo il centro direzionale di Mogliano Veneto e la sede legale nel 1990 viene riportata a Trieste. Il gruppo ricostruisce le proprie basi nell'Est Europa e comincia a gettarne di nuove nell'Estremo Oriente (Cina e India). Nella Nuova Europa è un grande ritorno dopo che le nazionalizzazioni nei Paesi comunisti dell'Est Europa erano costate alle Generali un terzo degli attivi. Dalla fine degli anni ’90 le vicende di Mediobanca si intrecceranno con il governo del Leone determinando tre cambi di presidenza in una manciata di anni: Antoine Bernheim, Alfonso Desiata, Gianfraco Gutty e nel 2003 il ritorno del banchiere di Lazard.

Alla fine dei due volumi la sensazione è che le Generali non abbiano mai perduto una mentalità aperta sul mondo grazie al talento dei suoi uomini e di una scuola di formazione tutta triestina impareggiabile e che sarebbe un vero peccato disperdere. Il vero oro di Trieste.

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