Nella “Stagione del Raccolto” il cinema racconta la terza età fra lacrime e sorrisi

la recensione
“La Stagione del Raccolto, la maturità della vita nel cinema” è una storica rassegna cinematografica che, dal 2004 al Teatro Miela, punta i fari sui film che raccontano la vecchiaia. Ora quell’esperienza è diventata un libro, “La stagione del raccolto – Il cinema come strumento per comprendere la vecchiaia” (Editrice Dapero), firmato dallo psicologo e psicoterapeuta Mauro Cauzer insieme a Francesco Mosetti D’Henry e Alan Viezzoli. È un volume, da usare anche come guida alla visione, che riunisce le schede di quasi 70 titoli presentati alla rassegna, completi di commento. Ogni scheda individua i temi principali del film legati alla terza età: si va dal bilancio della propria vita di “Un’altra giovinezza” di Francis Ford Coppola al rapporto con le badanti in “Mar Nero”, dall’Alzheimer del poetico “Nebraska” con Bruce Dern al rapporto con i figli di “La tenerezza” di Gianni Amelio. Non si tratta affatto di una selezione di drammi o storie nostalgiche: fra i titoli compaiono anche molte commedie sul tema dell’amicizia e del cohousing, come il classico “Due irresistibili brontoloni” con Jack Lemmon e Walter Matthau, o “Marigold Hotel” con Judi Dench, Maggie Smith e Bill Nighy.
«Questo libro è un manuale per ogni anziano che può leggerlo e identificarsi con i personaggi, ma ha anche un aspetto didattico per gli operatori del settore», spiega Mauro Cauzer. «L’idea della rassegna “La stagione del raccolto” nasce da un lavoro clinico sulle difficoltà in caso di demenza. Ci siamo resi conto però che il problema era anche sociale: ci sono molti stereotipi negativi sulla vecchiaia. L’anziano spesso è visto come un peso in una società efficientista. Volevamo combattere questi cliché, perché incidono sugli anziani stessi che a volte si sentono più vecchi per influenza esterna. L’invecchiamento, invece, è una tappa dello sviluppo della persona umana».
Dal 2004 molte cose sono cambiate anche sul mercato cinematografico: Hollywood si è accorta del numeroso pubblico anziano, «e i film sul tema hanno cominciato a proliferare», spiega Cauzer. «Ne scegliamo sei ogni anno, promuovendo l’idea di una vecchiaia attiva. Alcuni temi come la vedovanza, il pensionamento, il sesso degli anziani sono difficili da affrontare. Ecco perché il cinema ci può aiutare: è un tramite immediato per far identificare lo spettatore nei personaggi con un messaggio di attività, speranza, apertura».
Perché la vita può ripartire da zero anche da anziani, come accade in “A proposito di Schmidt” di Alexander Payne con Jack Nicholson: «È l’immagine perfetta di cosa fare dopo il pensionamento: dalla delusione del non sentirsi più utile, il protagonista passa a una nuova progettualità di vita. E, quando la moglie muore, si riprogetta ancora». “Stanno tutti bene”, il film di Giuseppe Tornatore con Marcello Mastroianni, racconta invece che «il rapporto con i figli non sempre è idilliaco. Le aspettative del protagonista, un padre molto borghese, vengono deluse e lui non riesce a comprendere i cambiamenti della società moderna. In questo caso il messaggio per il pubblico anziano è che non bisogna chiudersi così». Negli ultimi anni, intanto, è cambiata anche la rappresentazione degli anziani sullo schermo: «Ci sono anche delle macchiette, come l’anziano giovanilista che gira con la Spider e si tinge i capelli, o l’anziana che cerca di atteggiarsi a teenager. Ovviamente le indichiamo come esempio da non seguire: la chiave è vivere la propria età consapevolmente puntando più sull’essere che sull’apparire». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo