Napoleone a Trieste per un solo giorno, ma lasciò il segno

Due secoli fa, il 5 maggio del 1821, moriva l’imperatore francese protagonista della prima fase della storia contemporanea europea. La saga a Trieste con la piccola corte fra San Vito e Villa Necker

TRIESTE Il rione di San Vito può essere considerato il quartiere napoleonico di Trieste. Lo segnalano le vie dedicate a personaggi della famiglia corsa. A cominciare da via Napoleone Bonaparte, che non è il capostipite, ma suo nipote, Napoleone Giuseppe Carlo Paolo, detto “Plon Plon”, figlio del fratello Girolamo, che nasce a Trieste il 9 settembre 1822 e che avrà un ruolo rilevante nell’unificazione italiana. Poi ci sono appunto Girolamo principe di Montfort, Carolina Murat, regina di Napoli, ed Elisa Baciocchi che qui morirà a soli 43 anni.

Ma liquidiamo subito il più importante della famiglia, Napoleone, del quale il 5 maggio ricorre il bicentenario della morte, e che a Trieste rimane un solo giorno. Arriva alle sei e mezza di mattina del 29 aprile 1797 ovviamente su un bianco destriero, stando alle “Croniche” dell’abate Giuseppe Mainati testimone dell’evento. Il comandante in capo dell’Armée d’Italie, “preceduto e scortato da 40 Usseri, smonta da cavallo e prende alloggio nel palazzo del conte Pompeo Brigido”, ancora esistente in via pozzo del Mare subito dietro l’odierna piazza dell’Unità d’Italia.

Il futuro Empereur arriva a Trieste solleticato da un gossip riguardante il molo San Carlo, che va subito a vedere, chiedendo se sia il molo del quale “ogni pietra era costata a Maria Teresa uno zecchino”, moneta di gran valore a quel tempo. Poiché in tutta Europa era corsa voce che, durante la sua costruzione, le pietre utilizzate, dopo essere state scaricate, venivano asportate di notte e riportate il giorno successivo come nuove forniture, riuscendo così a far pagare due volte ogni carico e facendo crescere enormemente il costo finale dell’opera.

In realtà ciò che interessava maggiormente al condottiero era vedere la realtà di uno dei porti più dinamici dell’impero, per preparare la sua strategia di conquista dei territori austriaci, che avrebbe realizzato qualche anno dopo.

Dopo di lui, i primi ad arrivare a Trieste sono Girolamo ed Elisa, incinta del secondo figlio. È agosto 1814, i due fratelli sono in fuga dopo la caduta di Napoleone reduce dalla disfatta di Russia. Elisa vorrebbe andare a Vienna per salvare il salvabile dei suoi possedimenti, il granducato di Toscana e il principato di Lucca e Piombino, ma sulla strada le prendono le doglie e partorisce il secondo figlio, Federico Napoleone a Villa Manin di Passariano. Tornano a Trieste dove Girolamo, ormai ex re di Westfaglia, la convince a fermarsi. Lei, pur provata dalla maternità, assiste la cognata Caterina del Württemberg, che è al suo primo parto.

Vivono nel barocco Palazzo Romano, che, secondo il sito “Destini Imperiali” si erigeva dove oggi c’è il numero 19 di via Diaz. Palazzo dal quale, otto mesi dopo, con uno stratagemma Girolamo fugge travestito da marinaio, la notte del 24 marzo 1815 uscendo da un portoncino secondario. In rada li aspetta una nave della flotta napoletana. Girolamo raggiunge il fratello e lo sosterrà durante i cento giorni che si chiudono con Waterloo (18 giugno 1815) e l’esilio definitivo nella sperduta isola di Sant’Elena, dove l’imperatore si spegnerà il 5 maggio 1821.

Elisa viene sospettata di aver favorito il fratello Girolamo, ed esiliata a Brno, in Moravia, col marito Felice Baciocchi, uomo tranquillo tenuto al guinzaglio dalla volitiva consorte, che teneva testa pure all’onnipotente fratello. Lei protesta col solito vigore: «Cosa ho mai fatto per essere trattata come un criminale di Stato?».

Dopo Waterloo, Metternich le consente di stabilirsi a Trieste, a condizione di rinunciare ai suoi titoli e alle sue pretese dinastiche. Lei torna e si compra la bella villa Necker, nell’attuale via dell’Università.

Tiene una piccola corte frequentata da esiliati francesi come il sulfureo ex ministro di polizia di Napoleone, Joseph Fouché, che abita poco lontano in quello che oggi è il Palazzo Vescovile, in via di Cavana 16.

Elisa acquista inoltre la vasta tenuta a Villa Vicentina, per stare lontana dai poliziotti austriaci che la marcano stretta a Trieste. E proprio lì si sente male. Muore il 7 agosto 1820, quattro mesi prima di Fouché e un anno prima di suo fratello Napoleone, secondo alcuni per febbri malariche, secondo altri, più verosimilmente, per un cancro al fegato, punto debole della famiglia. Viene sepolta nella cappella della residenza triestina, poi sarà tumulata in San Petronio a Bologna.

E torniamo a Girolamo, che rientra a Trieste dopo i cento giorni e va a vivere a Villa Necker, dove la moglie devota e fedele partorirà il citato “Plon Plon” che dà il nome napoleonico alla via che costeggia il parco della villa sul lato destro guardando la facciata. Girolamo deve lasciare Trieste l’anno successivo e ripara a Roma. Poi tornerà a Parigi dove riuscirà a fare una brillante carriera grazie al nipote Napoleone III.

Morirà nel 1850 Maresciallo di Francia, dopo essere stato re di Westfaglia e principe di Montfort, di cui la via che congiunge via Napoleone Bonaparte a viale della Terza Armata. Infine, approda a Trieste anche l'altra sorella di Napoleone, Carolina, sposa del re di Napoli, Gioacchino Murat, dopo la fucilazione del marito. Compera nel 1825 e abbellisce la villa neoclassica di Campo Marzio, dove tiene una piccola corte, che frequenta il teatro all’aperto realizzato in giardino. Lascerà Trieste per Firenze, dove morirà nel 1839.

L’edificio noto come Villa Murat, viene purtroppo demolito a cavallo dei secoli XIX e XX per far spazio a uno stabilimento industriale e oggi è ricordato solo dall'omonima via. —


 

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