Muti ricorda a Lubiana il maestro Carlos Kleiber

Dopo Redipuglia il Requiem di Verdi nella capitale slovena come omaggio al direttore nel decennale della morte
Di Alex Pessotto

Il pensiero di Mario Bortolotto su Glenn Gould (“celarsi era la sua vocazione più profonda, fino alla cancellazione”) pare nel complesso adattarsi anche a Carlos Kleiber. Fra l’essere o il non essere scelse la seconda opzione. Di quello che in molti giudicano come il massimo direttore d’orchestra di sempre vanno ricordati oggi i dieci anni dalla scomparsa.

Riposa in Slovenia, il Paese della moglie; con lei è sepolto nel cimitero della minuscola Konjšica, a una cinquantina di chilometri da Lubiana. E proprio a Lubiana Riccardo Muti ha voluto omaggiare l’amico con il Requiem di Verdi il giorno dopo il concerto di Redipuglia. Giulio Franzetti, violino di spalla della Scala per quasi trent’anni, parla di Kleiber, con il quale fece edizioni di “Otello” e “Bohème” rimaste nella storia, come di “un inguaribile sognatore che attraverso le sue interpretazioni è stato capace di realizzare i suoi sogni in una maniera così unica; un bambino a un tempo insicuro e convinto nel fissare indelebilmente in musica il suo pensiero; una persona fondamentalmente dolcissima e desiderosa di ricevere la stessa infinita dolcezza dagli altri. Ne conservo un ricordo stupendo”. Gli ultimi concerti di Kleiber risalgono al ’99; la sua attività, mai stata intensa, si era da anni diradata enormemente, e il suo repertorio, sempre stato piuttosto esiguo, ridotto a pochissimi lavori. «Kleiber cercava costantemente la perfezione in ogni suo intervento, anche durante le prove - afferma il basso baritono triestino Claudio Giombi nel ricordarlo -. Tale ricerca lo esauriva e lui faceva di tutto per evitarla cercando di circondarsi di artisti con i quali si sentiva in sintonia. Era pervaso da una timidezza estrema, non amava i rimproveri; quando non veniva compreso si rifugiava in camerino o smetteva di dirigere e partiva abbandonando tutti. Mi stimava e mi voleva per tutte le riprese di Bohème dopo la prima alla Scala nel ‘79. Mi disse che la mia entrata in scena rassicurava gli altri interpreti che si sentivano più rilassati, dimenticando di essere cantanti». Quando Carlos confidò al padre Erich, grande direttore d’orchestra, di voler intraprendere lo stesso suo lavoro «Un Kleiber è abbastanza» si sentì replicare. Anche se Erich riconobbe in seguito il talento del figlio quello sprezzante commento fu all’origine del tutto: Carlos divenne direttore, e più grande del padre che pur tanto ammirava, ma pagando a caro prezzo una sfida che avrebbe voluto evitare.

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