Moda sostenibile e senza sesso, Its sceglie i talenti del design

TRIESTE La domanda non è «dove sta andando la moda?», ma piuttosto dove sta andando il mondo. La moda, come altre forme d’arte, di pari passo con il cinema o la musica, non è che un ricettore di stimoli e di sguardi, di modi di percepire una società che sempre più rapidamente cambia (non sempre evolvendo).
Un’antenna, o “sismografo” - espressione molto amata in casa Its - capace non solo di catturare segnali di mutazione e fermento, ma anche di interpretarli e rielaborarli secondo una nuova accezione.
È con questo spirito, come un invito alla scoperta, che si vivono le fasi di selezione dei finalisti che il prossimo 12 luglio, al Magazzino 42 della Stazione marittima di Trieste, parteciperanno alla diciassettesima edizione di Its – International Talent Support.
Riunita nella sede di Eve Srl, quartier generale e cuore della manifestazione che dal 2002 va a caccia di giovani talenti del fashion design, la giuria di esperti sta passando in rassegna, tra ieri e oggi, i più interessanti dei 620 portfolio arrivati da 150 scuole di tutto il mondo. I nomi selezionati verranno ufficializzati il 7 maggio.
Assieme a Barbara Franchin, fondatrice e direttore artistico della piattaforma, Sara Sozzani Maino (Vogue Italia, Vogue Talents), Valentina Maggi (direttrice di Design Practice at Floriane de St. Pierre et Associés), Carlo Giordanetti (direttore creativo di Swatch International), Luca Rizzi (Pitti Immagine), Carlo Bach (art director illycaffé), Alessandra Rossi (Tomorrow Holdings) e - per la prima volta - i vincitori delle edizioni 2006 e 2010 Aitor Throup e Michael Kampe, passati dall’altra parte della barricata, hanno la responsabilità di tracciare la rotta, mossi dalla voglia di intercettare indizi che solo in seconda battuta si tradurranno nelle nuove tendenze in passerella.
A imporsi con evidenza, rendendo conto dell’evolversi della percezione che le nuove generazioni hanno del presente, svincolate da pregiudizi e indifferenti all’onda di populismo, razzismo e omofobia che ovunque avanza, sono in particolare la fluidità di genere, interiorizzata con naturalezza come qualcosa di sempre più sfumato, e l’attenzione per l’ambiente, con una diversa e più matura consapevolezza, consci della responsabilità che si impone rispetto a un tema che negli anni a venire sarà sempre più cruciale.
Via libera alle collezioni-manifesto che sottolineano il riciclo dei materiali alla ricerca di una sostenibilità a lungo termine, mediante l’uso di colorazioni naturali o tecniche di “concia” a basso impatto, alternative a quelle tradizionali. Gioielli che nascono da vecchie lattine, stivaletti biodegradabili, tacchi realizzati con bottiglie di latte, ma anche abiti “inclusivi” che vestono più persone e invitano a un legame, all’unione.
E se da un lato le collezioni evidenziano un desiderio di contatto (anche tra diversi), non mancano quelle in cui emergono, come rovescio della medaglia, stati di disperazione, abbandono e solitudine. Colori? Tutti: verde, rosso, giallo, arancio, verde, blu, anche messi insieme, assecondando un’idea di accumulo e sovrapposizione. In certa misura il total black resiste, cupo, stretto, attillatissimo, testimone di una visione molto dark che però non preclude, negli altri, la volontà di continuare a sognare. —
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