Memorie da custodire: tra bit e scaffali il futuro degli archivi
Trieste città della Barcolana, della scienza, del caffè, ma anche degli archivi. Il 16 e 17 ottobre - dalle 9 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18 - ospiterà archivisti provenienti da tutto il mondo per l’undicesimo anno consecutivo. Motivo della riunione è l’International Archival Day, organizzato dall’Istituto internazionale di scienze archivistiche e dall’Archivio di Stato di Trieste, in collaborazione con l’Ince, all’Hotel Nh di corso Cavour.
Al centro delle due giornate, due temi fondamentali: gli archivi digitali e la formazione degli archivisti del futuro. Con l’avvento del digitale la nostra memoria è diventata, come la società per Bauman, liquida. Basata su bit, eterea, immateriale. Custodita nei server anziché negli scaffali. Niente polvere, e questo è un vantaggio, ma anche niente materialità. «Dall’archivista abituato a lavorare su pergamene e antiche carte, oggi si è passati all’archivio digitale: un bel cambiamento per la professione - dice Grazia Tatò, dell’Istituto internazionale di scienze archivistiche -, che pone nuove sfide. Se un tempo per verificare l’autenticità di un documento se ne analizzava la materialità, quindi il tipo di carta e d’inchiostro, oggi per gli archivi digitali servono nuovi sistemi».
Con il digitale, dice Calò, è più facile manipolare i documenti e se per gli archivi digitalizzati è possibile pur sempre far riferimento al documento in carta, per gli archivi che nascono digitali la questione si fa più complessa. Per conservarli e garantirne l’autenticità è fondamentale che informatico e archivista lavorino insieme per studiare soluzioni che garantiscano che tra qualche secolo potremo leggerli ancora.
Il problema è legato anche al cambiamento continuo di software e di supporti per la memoria digitale: in 40 anni siamo passati dai floppy disk, ai cd, alle pennette usb e agli hard-disk. «Stiamo combattendo perché le nostre memorie restino ben conservate: se non ci si prepara a questa sfida si rischia un buco nero per la nostra contemporaneità», spiega Calò.
Alle giornate di studio parteciperanno molti giovani archivisti stranieri, dal Vietnam all’Oman, dalla Russia al Burkina Faso, oltre a molti funzionari dei Paesi dell’Est Europa: «In Italia siamo fortunati, abbiamo una scuola di archivistica e corsi universitari, ma in molti Paesi non c’è questa formazione specifica. Ci dà soddisfazione poter formare questi giovani che poi insegnano ai colleghi del proprio Paese di provenienza» sottolinea Calò.
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