Melissa è una 007 che fa il verso a Bond ma in chiave ironica

Il film di Paul Feig è una bella sorpresa di questa stagione grazie ai tempi comici verbali e a un cast azzeccato
Di Paolo Lughi

È la bella sorpresa di questa cine-estate “Spy” di Paul Feig, esplosivo incrocio tra spy story e commedia contemporanea, da metà luglio nelle prime posizioni del box office grazie soprattutto ai tempi comici verbali e alle forme opulente del fenomeno Melissa McCarthy. Un film che da una parte si inserisce nella mai esaurita moda cine-spionistica (presto vedremo i nuovi “Mission: Impossible” e “007 Spectre”), e che dall’altra prosegue la fortunata tradizione dello spionaggio allegro, da “Casino Royale” ad “Austin Powers”. Anche se il regista Paul Feig, campione della risata al femminile (“Le amiche della sposa”), cresciuto alla scuola di Judd Apatow, ammonisce: “’Spy’ non è una parodia alla Mel Brooks dei film di James Bond, ma un vero film di spionaggio con tanta azione”.

Però si ride extra extra large in questa “commedia d’azione” con l’ex caratterista Melissa McCarthy, qui finalmente protagonista assoluta che interpreta, e non potrebbe fare altrimenti, una donna molto grassa, Susan Cooper, imbranata e insicura. Poco attraente com'è, Susan non ha certo troppa fiducia in se stessa. Così la donna lascia l'insegnamento per entrare nella Cia, con la segreta speranza di diventare una vera agente e riscattare finalmente la sua vita rendendola eccitante. Si ritrova invece a fare l'analista, poco più di un'impiegata, lontana mille miglia dalle missioni d'azione e rischio. Ma quando il suo partner (Jude Law, in forma smagliante) è disperso, e un altro agente (Jason Statham, esilarante) è compromesso, si offre volontaria per infiltrarsi sotto copertura nel pericoloso mondo dei mercanti d’armi globali.

Placcata in oro come Shirley Eaton in “Missione Goldfinger”, strizzata fra i due seriosi 007 british Law e Statham, fin dalle locandine la McCarthy è un corpo comico in sfacciato contrasto con lo charme patinato del genere spionistico. I gadget quasi fantascientifici, i nemici dalle perfide ambizioni di conquista globale, gli inseguimenti rocamboleschi su mezzi di terra, aria o acqua, sono gli stessi dei colleghi celebri come James Bond o Ethan Hunt. Ma quello che cambia è la credibilità della protagonista. Perché in fondo dentro 007 c’è già la parodia di 007 (“Casino Royale” insegna): l’eroe inscalfibile, la Guerra fredda raccontata con toni da fumetto, l’armamentario tecnologico futuristico, sono tutti elementi che facilmente si possono prendere poco sul serio. Basta passare da Sean Connery al più scanzonato Roger Moore, basta uno scarto, una smorfia, per passare dalla licenza di uccidere a quella di ridere. Ricordiamo che negli anni ’60 le parodie spionistiche proliferavano (anche in Italia) sulla scia del successo del genere di cui si prendevano gioco. Rifacendosi a precedenti illustri come i fratelli Marx de “La guerra lampo”, le spy story d’imitazione facevano dell’inadeguatezza dell’eroe la chiave della risata: erano troppo tonti, troppo buffi, troppo donnaioli per essere credibili come spietati agenti segreti il Matt Helm di Dean Martin o le successive spie demenziali di John Landis (”Spie come noi”).

Così accade qui alla McCarthy che diventa un’agente passando dalla scrivania all’incarico sotto copertura, con travestimenti decisamente poco glamour come quello da zitella gattara. Tra molte gag, situazioni mozzafiato, inseguimenti, sparatorie, doppiogiochismi in giro per l'Europa, Susan riuscirà nell'intento di portare a termine la missione conquistando, anche con la sua simpatia, la fiducia della sola persona che conosce la posizione di una bomba, e sventando la possibilità che questa venga venduta a gruppi terroristici ceceni.

Il film è la terza collaborazione tra Paul Feig e Melissa McCarthy, dopo “Le amiche della sposa” (dov’era indimenticabile caratterista) e “Corpi da reato” (coprotagonista). Il modello a cui Feig dichiara di ispirarsi per la McCarthy è nientemeno che l’elegante battutista a mitraglia reso celebre dai personaggi femminili dei classici di Howard Hawks, come la Barbara Stanwick di “Colpo di fulmine” o l’ereditiera Katharine Hepburn di “Susanna”.

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