Maurensig e la danza delle ombre attorno all’inquietante scacchista

Dopo 22 anni, un nuovo romanzo dello scrittore che vive a Udine esce per Adelphi
Di Alessandro Mezzena Lona
Udine, 22-09-2006 MAURENSIG Paolo, writer © BASSO CANNARSA
Udine, 22-09-2006 MAURENSIG Paolo, writer © BASSO CANNARSA

di Alessandro Mezzena Lona

A contarli uno dietro l’altro sembrano davvero tanti. Perché dalla data d’uscita del suo romanzo di debutto sono trascorsi ben 22 anni. E non è che da allora, Paolo Maurensig si sia risparmiato. Anzi, ha continuato a sfornare imperterrito storie su storie. Alcune di grande successo, come “Canone inverso”, da cui Ricky Tognazzi ha tratto un film con Gabriel Byrne, altre decisamente meno fortunate. Passando da una casa editrice all’altra. Ma sognando, probabilmente, di tornare a firmare un nuovo libro, prima o poi, per Adelphi, che lo ha lanciato nel 1993 con “La variante di Lüneburg”.

Dopo 22 anni, il sogno si è avverato. Domani arriva nelle librerie il nuovo romanzo dello scrittore nato a Gorizia, ma che vive a Udine: si intitola “Teoria delle ombre” (pagg. 200, euro 18), lo pubblica Adelphi. Verrà presentato sabato alla Libreria Friuli di Udine, il 29 ottobre al “Libro delle 18.03” di Gorizia, il 12 novembre alla “Lovat” di Trieste. E fin dalle prime pagine sembra che Maurensig abbia voluto riannodare i fili con la “Variante”. Perché gli elementi narrativi del suo romanzo d’esordio ci sono tutti: gli scacchi, l’ombra del nazismo, qualche inquietante figura di collaborazionista, un mistero legato alla Stroria che soltanto la libertà del romanziere può provare a risolvere.

Il punto di partenza è una notizia di cronaca scarna come solo gli annunci morrtuari possono esserlo. Il 24 marzo del 1946, in una stanza d’albergo a Estoril, viene trovato cadavere il campione del mondo di scacchi ancora in carica. Si chiama Alexandre Alechine, da un frettoloso referto medico si dice sia morto per soffocamento. Stava mangiando un pezzo di carne, com’era suo uso da tanto tempo ormai, visto che si cibava quasi esclusivamente di filetti, tartare e altre prelibatezze sanguinolente. E un frammento di cibo gli si era conficcato nella laringe. In quel decesso per asfissia c’è un solo aspetto che non convince: perché il grande scacchista indossava un pesante cappotto se dentro la sua stanza d’albergo non faceva poi così freddo?

Sospetti da romanziere, che mettono in movimento la fantasia di Maurensig. Soprattutto quando si viene a sapere che Alekhine non si era sottratto al cortaggiamento dei nazisti. Tanto da farsi fotografare in compagnia di Hans Frank, governatore della Polonia per il Terzo Reich, accusato nel processo di Norimberga dello sterminio di milioni di persone, condannato a morte e impiccato il 16 ottobre del 1946. E, se non bastasse, il campione aveva firmato alcuni articoli grondanti disprezzo contro i giocatori ebrei.

“Teoria delle ombre” immagina così, utilizzando uno dei “topoi” narrativi più classici, che uno scacchista dilettante nato in Venezuela si metta sulle tracce di quel mistero. E grazie anche al fatto che ha trascorso l’infanzia a Caracas, e che se la cava bene con il portoghese, decida di parlare con chi ha conosciuto Alekhine. Rileggendo i documenti relativi alla sua morte, provando a interpretare i silenzi, le parole non dette, le ambiguiità che ancora accompagnano il ricordo del campione del mondo di scacchi.

Prende forma così un lungo viaggio nel passato. Sul palcoscenico del romanzo riappaiono le ombre di quell’agitato dopoguerra. E Alekhine entra in scena con tutta la sua tormentata fragilità e un livido cinismo. Inseguito dal ricordo di quattro matrimoni mai consumati all’insegna dell’amore e dell’empatia, ma basati piuttosto sull’equivoco, l’incomprensione, il gretto tornaconto economico. Ossessionato dal dubbio di non essere all’altezza del suo ruolo. Visto che lui, dopo aver conquistato lo scettro di campione del mondo, in una sfida massacrante, ha sempre evitato di incontrare il suo rivale José Raul Capablanca.

Sempre a caccia di denaro, tiranneggiato da un’inestinguibile sete alcolica, torturato dalla nostalgia per la Russia che ha lasciato dopo l’arrivo dei bolscevichi, l’Alexandre Alekhine raccontato da Maurensig con gelida pignoleria prende le sembianze di un’anima alla deriva. Incapace di pentirsi, ossessionato dagli scacchi, destinata a finire dentro gli ingranaggi di una macchinazione sofisticata. L’unica che può spiegare in maniera logica la sua strana morte nel finale del libro. Perché questo romanzo, claustrofobico e ossessivo, in fondo è un teorema. Perfettamente prevedibile, a tratti verboso, eppure fedele fino all’ultima riga al suo enunciato.

alemezlo

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