«Mastroianni mi disse: Vada a far la maglia»

di ALESSANDRO MEZZENA LONA
Da giornalista, Anna Maria Mori ha chiesto a tanti: «Ma lei ha paura di invecchiare?». E ripassando a memoria la sfilata di interviste disseminate nella sua lunga carriera, adesso ricorda soltanto una risposta. Quella dell’attrice francese Fanny Ardant, che ha detto di accettare con serenità l’idea «perché la vecchiaia dà finalmente il diritto all’insolenza».
E Anna Maria Mori, quella risposta, la cita nel suo nuovo libro. Anzi, la trasforma addirittura nella chiusura di “Origami. Figure e figurine del mio Novecento”, pubblicato da Einaudi (pagg. 144, euro 19), il personalissimo “confesso che ho vissuto” di quella che è stata una delle firme prestigiose del quotidiano “la Repubblica” e del giornalismo italiano. Che ha regalato ai lettori libri importanti come “Ciao maschi”, “Donne mie belle donne”, “Nata in Istria”, e quel gioiello che è “Bora”. Racconto a due voci, con Nelida Milani, dei moltissimi che sono scappati dalle persecuzioni dei partigiani di Tito contro gli italiani d’Istria e degli altri, che sono rimasti lì.
Però, sia ben chiaro, non c’è traccia di insolenza in questa serie di figurine di carta sospese tra la Storia e le storie. Anzi, Anna Maria Mori, per la prima volta, si diverte a riandare con la memoria agli incontri che hanno lasciato una traccia sulla sua vita e sui ricordi. Portando quegli episodi così personali e inediti al centro del divenire dell’Italia, del mondo. Dagli anni Trenta fino al terzo millennio. Da quando era normale sentirsi dire, per una donna incinta pronta per entrare in sala parto: «Scelga, o salviamo la madre o salviamo la figlia». Fino ad arrivare ai nostri giorni, abitati dall’ansia di chi non ha più un lavoro, dalla paura di un terrorismo che risponde a logiche schizofreniche, dalla sparizione dell’impegno politico e della voglia di stare insieme.
Invece che insolenti, questi “Origami” si rivelano godibilissimi. Perché raccontano quasi sempre l’altra faccia di peresonaggi famosi. Come Marcello Mastroianni, l’attore latin lover che sceglieva sempre donne belle e impossibili, scelto dalla responsabile della redazione romana di un settimanale femminile per un bizzarro esperimento di psicoanalisi. In pratica, la giovane aspirante giornalista Anna Maria Mori doveva abbordarlo, fargli disegnare un albero, che poi sarebbe stato attentamente analizzato da uno strizzacervelli. Normale che lui, sulle prime, abbia tentato di sottrarsi, Con misogina impazienza: «Vada a cucinare, faccia la maglia, stia a casa». Salvo poi sottoporsi al tormentone. E diventare, nel tempo, un buon amico dell’ormai affermata redattrice. A patto di non chiedergli un’intervista: «Quante volte mi sono fatta insultare da lui. Tutte quelle che ho chiesto e ottenuto di intervistarlo», confessa Anna Maria Mori.
E se la sera Eugenio Scalfari, suo futuro direttore a “la Repubblica” (che un giorno, furente per una disputa in redazione, avrebbe tuonato: «Ricordatevelo, io non sono il direttore, sono Dio»), andava in via Veneto, alla Mori toccava passare di là ogni mattina per andare nella sede dei settimanali Rizzoli. Dove si sentiva dire che il direttore milanese chiedeva di fare una bella intervista a Luchino Visconti per «farlo parlare della sua omosessualità». Dimenticando, forse, che lui era il regista di capolavori come “La terra trema”, “Rocco e i suoi fratelli, “Il Gattopardo”.
Ma si sa, le redazioni dei giornali sono grandi luna park dove puoi fare incontri splendidi, ma anche no. E se di Ennio Flaiano, Anna Maria Mori ricorda le chiacchierate sempre piene di suggestioni e le passeggiate al mercato del pesce dell’autore di due libri straordinari come “Tempo di uccidere” e “Un marziano a Roma”, di Oriana Fallaci non può dimenticare gli urli in redazione, il suo essere fiorentinamente «contrariosa e litigiosa», il coraggio di una donna che non ha mai rinunciato alla «libertà di sbagliare».
Se Mori ha rischiato di essere battezzata con il nome Pasqualina, e ha scelto di mettere al mondo due figli anche se in redazione il connubio mamma-giornalista era visto come qualcosa di inconciliabile, in realtà il ’900 è passato per lei tra amicizie belle, come quella con Mina («guai a te se scrivi che amo un attore famoso e tormentato”, e lei ancora oggi sta in silenzio), incroci curiosi, come quello tra il “povero ma bello” Maurizio Arena” e la principessa Maria Beatrice di Savoia. In un viaggio sospeso tra una felicità narrativa e una pensosa leggerezza, che rendono “Origami” un libro godibilissimo.
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