Mary Poppins torna a Londra e vola sulla Grande Depressione

Nell’ormai lontano 1964, sul finale del classico Disney firmato da Robert Stevenson, Mary Poppins abbandonava la casa della famiglia Banks, dopo averle donato la giusta quantità d’incanto.
Nessuno, allora, avrebbe potuto immaginare che, ben più di mezzo secolo dopo, la più famosa tra le tate sarebbe tornata al numero 17 di Via dei Ciliegi. Non è mai facile confrontarsi con i classici, ma questa volta la Disney fa centro, affidando il ruolo che fu di Julie Andrews a Emily Blunt (“La ragazza del treno”), capace di omaggiarla con rispetto attraverso una performance davvero eccezionale.
Il regista e coreografo Rob Marshall, specialista di musical, fa il resto, citando a più non posso, complicando la trama e spostando la storia nella Londra degli anni Trenta. Tra remake e sequel, fa da sfondo la Grande Depressione, in grado di mettere in ginocchio il popolo inglese, ed è in questo scenario che Mary Poppins torna per dare una nuova ventata di positività alla vita di Michael (Ben Whishaw) e Jane (Emily Mortimer), gli ex bambini che ha cresciuto, e soprattutto dei figli di Michael. Il risultato sembra una lettera d’amore, anche musicale, spedita direttamente all’originale. La volontà è chiara: deliziare i bambini delle nuove generazioni con la fantasia e con la musica, grazie al ritorno della bambinaia nata dalla penna della scrittrice australiana Pamela L. Travers. Mary Poppins non è invecchiata di un giorno, accompagna i piccoli Banks in una serie di incredibili avventure, li trasporta in mondi sommersi e li fa camminare a testa in giù, riportando vita, amore e risate nella loro casa. Il sentiero, però, è nuovo e unico. Nuovi i costumi, nuove le canzoni, seppure tutto ha un sapore antico. L’atmosfera, tra animazione e live-action, è quella calda e colorata di un tempo, l’animazione è tradizionale (disegnata a mano). Nuovi sono alcuni personaggi. Meryl Streep è la cugina Totsy, parente un po’ tocco della tata, Colin Firth è un cattivissimo direttore di banca e Lin-Manuel Miranda è un lampionaio. Dick Van Dyke (lo spazzacamino Bert nel ’64) regala un sorprendente cameo. 93 anni suonati e la stessa capacità di farci volare, come la coetanea Angela Lansbury, altra sorprendente apparizione. Dialogando con l’originale e cercando l’attenzione di un pubblico nuovo, il film di Rob Marshall (“Chicago”, “Into the Woods”) ci intrattiene due ore e dieci, dispensando tutti i significati del primo adattamento. La magica bambinaia è protagonista di un racconto di formazione sempre potente, in grado di insegnare divertendo. È più importante essere che avere, e le metafore sono ovunque. Anche questo ri-adattamento trasporta in un mondo incantato, dove è netta la distinzione tra buoni e cattivi, in cui la famiglia è importante quanto le regole e il gioco. L’accoglienza riservata alla rilettura di un classico dipende dal rapporto con l’originale. Non piacerà a tutti questa versione, nonostante i suoi tanti pregi, su tutti un grande rispetto per un predecessore capace di vincere cinque statuette, di cui sfiora la bellezza. Ma su Mary Poppins nessuno avrà niente da ridire, per Emily Blunt, praticamente perfetta, potrebbe diventare il personaggio della vita, come fu per Julie Andrews, Oscar per questo ruolo.
Riproduzione riservata © Il Piccolo