Marussig e il ritorno all’ordine
Un grande omaggio alla bellezza nella pittura del Novecento al Mart di Rovereto

All'inizio del '900, in un rapido volgere di anni poco più ampio di un decennio, la storia dell'arte conosce le più grandi rivoluzioni a livello formale e concettuale con il breve succedersi in tutt'Europa di quelle che sono state chiamate le avanguardie storiche.
Mai prima di allora la figura umana era stata sottoposta a così radicali reinterpretazioni: violentemente deformata dalla pittura istintiva ed emozionale degli espressionisti francesi e tedeschi; minutamente frammentata nella moltiplicazione dei punti di vista dei cubisti, smaterializzata e fusa nello spazio dal movimento futurista, del tutto elusa dagli astrattisti. I concetti stessi di arte e di rappresentazione della realtà da lì in poi non sarebbero stati più quelli del passato.
Eppure, soltanto qualche anno dopo, intorno gli anni Venti, furono diversi gli artisti che, magari anche dopo aver aderito a uno o l'altro movimento d'avanguardia, sentirono la necessità di un “ritorno all'ordine”. Un ritorno alla figurazione, ai valori più tradizionali della pittura e della scultura, all'idea di classicità e di bellezza.
Con il titolo “Un'eterna bellezza” il Mart di Rovereto inaugura domani una nuova mostra che, a circa un secolo di distanza, intende rileggere uno dei periodi più fecondi dell’arte italiana del '900 rappresentato dalla Metafisica, dall’esperienza di Valori Plastici, dal ’900 italiano e dal Realismo magico che recuperano temi e soluzioni formali della tradizione classica restituendoli con un rinnovato sentimento artistico.
Già presentata a Madrid con il titolo “Retorno a la belleza”, realizzata in collaborazione con la Fundación Mapfre, l'esposizione, a cura di Beatrice Avanzi e da Daniela Ferrari, parte dai capolavori del Mart. Ma sono stati richiesti prestiti eccellenti provenienti dalle maggiori raccolte italiane ed europee pubbliche e private, per dare conto delle ragioni e delle varie declinazioni del ritorno agli ideali rinascimentali di bellezza e rigore, della ripresa della lezione di Giotto, Masaccio, Piero della Francesca; della ricerca del classicismo puro e semplice, dell’equilibrio, del sogno, della calma, della sospensione, in un desiderio di ordine, armonia ed eternità.
In mostra oltre cento opere di alcuni tra i più significativi protagonisti dell’arte italiana: Carrà, Casorati, de Chirico, de Pisis, Savinio, Severini, Sironi oltre a Bucci, Cagnaccio di San Pietro, Dudreville, Funi, Martini, Marussig, Oppi, Wildt. Il percorso espositivo è articolato in sette sezioni: Metafisica del tempo e dello spazio, Evocazione dell'antico, Ritorno alla figura. Il ritratto, Il nudo come modello, Paesaggi, Poesia degli oggetti, Le stagioni della vita.
Con la sua pittura metafisica Giorgio de Chirico risulta tra i primi a provare questo senso di nostalgia per il passato, il mito, la classicità. Nato in Grecia e formatosi a Monaco di Baviera, indifferente alle avanguardie, rimane affascinato dalle piazze italiane che reinventa nei suoi dipinti cercando di esprimere «quel forte e misterioso sentimento scoperto nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d'autunno, di pomeriggio».
Tra coloro che evocano l'antico traendone una lezione di sintesi essenziale c'è Achille Funi che nella sua “Saffo” richiama la Testa di Amazzone di Cresila dei Musei Capitolini di Roma, laddove Gino Severini nella sua opera “L'equilibriste (Maschere e rovine)” trasforma la sua rivisitazione del passato in una favola sapientemente divertita, popolando il foro romano di Pulcinella.
Nel ritorno alla figura due ritratti femminili del triestino Piero Marussig segnano il passaggio dal suo primo stile influenzato dai Fauves francesi e suggestioni mitteleuropee ad un linguaggio più sobrio e classico che ha il sapore del Rinascimento italiano.
Lo stesso Marussig ritorna nella sezione dedicata al nudo con l'opera “Venere addormentata”, in cui rilegge Tiziano in chiave moderna e quotidiana.
Accanto a lui Felice Casorati è presente con lo splendido “Concerto” e con un interessante “Studio” per l'opera “Meriggio”, conservata al Museo Revoltella di Trieste. Tra i paesaggi le vedute urbane di Mario Sironi appaiono cariche di silenzio e assenza, eppure, come notava Margherita Sarfatti, proprio dallo “squallore meccanico della città odierna ha saputo trarre gli elementi e lo stile di una bellezza e di una grandiosità nuove”.
Per la poesia degli oggetti Giorgio Morandi si pone quale maestro nel trasmettere il senso di eternità nell'incanto dell'essere e delle cose, mentre nell'ultima sezione dedicata alle stagioni della vita si possono ammirare ancora dei veri capolavori come il “Ritratto di Renato Gualino” di Felice Casorati o “La partenza” di Cagnaccio di San Pietro.
La mostra, che resterà aperta al pubblico nelle sale del Mart fino al 5 novembre, è accompagnata da un catalogo pubblicato da Electa.
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