Mariangela D’Abbraccio: «Sono Blanche una donna fragile sul Tram del desiderio»

Oggi l’attrice al Comunale di Cormons con Daniele Pecci nello spettacolo tratto da Tennessee Williams 

l’intervista



Per Mariangela D’Abbraccio “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams rappresenta un ritorno alle origini. «Dopo un personaggio totale come Filumena Marturano sono ripartita da Blanche – racconta l’attrice –. Quand’ero ragazza, infatti, con mia madre preparavo sempre il suo monologo, mi ha fatto entrare nel mondo del teatro. Mia madre è stata una grande insegnante e lo spettacolo lo dedico a lei». Questa sera, alle 21, al Comunale di Cormons, dove il “Tram” approda in prima regionale, il personaggio di Kowalski è invece sostenuto da Daniele Pecci. Pier Luigi Pizzi firma la regia.

Una messa in scena originale, a cominciare dall’allestimento.

«Pizzi – risponde Mariangela D’Abbraccio – non ha creato una scenografia classica: sembra di essere in un bunker del 3000. È una scena asciutta, una casa asettica, molto angosciante, spinta al futuro. Però, il testo non è stravolto: c’è solo qualche piccolo taglio. Del resto, se l’avesse fatto non avrei accettato: i capolavori si stravolgono solo dall’interno, con l’interpretazione che, in questo caso, è connotata dalla durezza del mondo d’oggi. Dopo Filumena ho voluto affrontare un personaggio che fosse all’opposto di lei. Blanche è una donna fragile, che rappresenta la parte debole del mondo, poetica, delicata e che viene distrutta con grande facilità. È molto attuale».

Lei ha cominciato con Eduardo…

«Fu Pino Daniele a suggerirmi di incontrarlo. Studiavo per fare l’attrice e gli ho chiesto di poter assistere alle sue lezioni di drammaturgia all’università, pur non facendo parte del suo corso. Mi rispose che suo figlio ne cercava una: dopo due giorni mi sono trovata in una grande compagnia, io che quasi non sapevo cosa fosse il teatro. Lo ricordo molto protettivo, tenero. In me ha creduto. Certo, sapeva essere molto severo, com’era giusto. Eduardo ormai non insegnava più, ma era il regista della compagnia di suo figlio Luca, a cui devo molto».

Un altro incontro importante è stato con Albertazzi…

«Un incontro determinante. Albertazzi, mi ha insegnato tutto, non insegnandomi niente, come lui sapeva fare: era un maestro, mi ha dato fiducia, mi ha permesso di conoscere me stessa come attrice, di diventare protagonista del mio destino».

E poi con Albertazzi c’è stato un legame di vita.

«È stato naturale. Giorgio non riusciva a separare l’arte e la vita. Quando amava un’attrice da credere in lei così tanto finiva per nascere anche un rapporto diverso. Con lui c’è stato un affetto fino alla fine. Tra poco uscirà postumo il suo primo libro di poesie curato da Pia de’Tolomei (sua moglie), da me e da Eugenio Murrali».

Sua sorella Milly è una ex pornostar. In che rapporti siete? Lei si pone dei limiti sul palcoscenico?

«Il rapporto tra noi due è molto bello, affettuoso e di grande rispetto. Lei conosce il mio pensiero e io il suo. Per quanto mi riguarda, quando il teatro mi ha chiesto di più l’ho fatto. L’arte non può avere limiti. Per esempio, mi è capitato di stare nuda in scena o di interpretare testi con molto eros. Già il primo ruolo che Albertazzi mi ha offerto era trasgressivo: mi ha proposto di fare un transessuale. Ci sono rimasta male». —

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