Marcela Serli dal Festival di Napoli a Esof: «Darò voce alle scienziate dimenticate»
TRIESTE. È appena reduce da un debutto e già ne affronta un altro. Attrice, ma anche autrice, regista, progettista, Marcela Serli era fino a poche sere fa in Campania. Nel cartellone ricchissimo di Napoli Teatro Festival (che proseguirà fino al 31 luglio) spiccavano le repliche di “Il seme della violenza – The Laramie project” , la più recente produzione del milanese Teatro dell’Elfo. Otto tra attrici e attori, fra le quali Serli, per raccontare nei modi del teatro-documento, l’ennesimo episodio di omofobia. È un lavoro del drammaturgo Moisés Kaufman che investe lo spettatore con una carica politica ed emotiva fortissima, recuperando dall’elenco delle vittime per odio il caso di Matthew Shepard, studente gay di 21 anni, ucciso a botte nel Wyoming.
Un storia che altrimenti sarebbe si sarebbe persa tra le cronache della criminalità statunitense, mentre oggi la legge federale che punisce i crimini d’odio sessuale porta proprio il nome di Shepard. La lotta agli stereotipi e ai pregiudizi, la battaglia per i diritti negati e quelli da conquistare, la condizione delle donne e il divario economico e professionale che le separa dai colleghi maschi. Questi sono i temi sui quali l’italo-argentina Marcela Serli, triestina di adozione, ha costruito, negli ultimi anni il proprio lavoro a teatro.
Dalla finestra del suo studio, sulla collina alle spalle della stazione ferroviaria di Trieste, lo sguardo spazia sul golfo. Ma per lei è già tempo di rimettersi in moto. Dopo “Il seme della violenza” (che girerà nei principali teatri italiani la prossima stagione), Serli sta mettendo a punto un nuovo testo, intitolato “Voglio cambiare lavoro”, al debutto il 30 luglio in un poker di appuntamenti intitolato “Tempi moderni” e ideato a Capannori (Lucca) dal coreografo e regista Roberto Castello.
«In questa creazione ho dato libero sfogo all’ispirazione comica, ma l’argomento è invece piuttosto serio», dice preparando la valigia. «Chi vorrebbe cambiare lavoro è una regina. Facciamo finta sia quella d’Inghilterra. Ben presto lo spettatore scopre che si tratta solo di un’attrice, la quale interpreta quel ruolo. È un’occasione per riflettere sulle percentuali di lavoro femminile nel mondo dello spettacolo. Le attrici sono tante, le donne con ruoli decisionali sono molte di meno, e le registe si contano sulle dita. La crisi dei lavoratori dello spettacolo durante la recente pandemia, ha messo in evidenza questo dato. Ho pensato, assieme a molte mie colleghe, che fosse necessario occuparsene».
Di un divario simile parla anche “Le eccellenti”, altro progetto di Serli, che troverà posto tra gli appuntamenti di Esof 2020, il prossimo 4 settembre, una produzione dello Stabile Fvg, con il genovese Teatro della Tosse e Fattoria Vittadini di Milano. «Ugualmente importante è parlare di scienziate», aggiunge Serli. «Di come il loro talento, il loro contributo allo sviluppo scientifico sia spesso misconosciuto, se non negato. Mi era stato proposto di scrivere un testo su Rosalind Franklin. Ma all’ Università di Trieste e Sissa ho fatto una controproposta».
Le ricerche di quella scienziata britannica, negli anni’50, permisero di scoprire la struttura del Dna, ma il suo lavoro non venne mai riconosciuto e il Nobel andò invece a due uomini. «Ho pensato che fosse più significativo, oggi, portare in palcoscenico donne che fanno scienza oggi: ricercatrici, studiose. E farle dialogare con musiciste e danzatrici. C’è scienza anche in campo umanistico, non dovremmo dimenticarlo».
Ma il progetto che maggiormente impegna Serli in questi mesi è quello che sta sviluppando, insieme al Teatro stabile di Trieste “la Contrada” , e l’ha vista ideare i temi e i percorsi di “Ufo – Residenze d’arte non identificate”, uno dei tre programmi di residenza creativa banditi nel 2018 dalla Regione Fvg. «Partiremo agli inizi di settembre e proseguiremo sulla strada avviata nelle due precedenti edizioni, coronate entrambe dalla partecipazione attiva di artisti e di cittadini. Ci guida quest’anno il tema della responsabilità individuale nel contesto delle nuove cittadinanze, e il fatto che a questo progetto aderisca una coreografa speciale come Chiara Bersani mi dà la sicurezza di essere su una strada giusta: attuale, impegnata, importante».
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