“Mangiare Dio”, il cannibalismo della chiesa cattolica romana che ha messo in salvo il mondo

«Mi metto in fila tutte le domeniche, e prendo un’ostia. Poi torno al banco, dico una preghiera, finisce la Messa, esco ed è come se niente fosse. Ma se penso davvero a quel che faccio, devo sperare che nessuno mi veda. Perché è da matti credere di mangiare Dio». Lo scrive la giornalista Monica Mondo nell’introduzione a “Il farmaco dell’Immortalità. Dialogo sulla vita e l’Eucaristia”, il libro scritto assieme ad Arnoldo Mosca Mondadori e uscito nel 2019. Il pranzo ora è servito. “Mangiare Dio” è il titolo del libro di Matteo Al Kalak che racconta “una storia dell'eucarestia” appena uscita da Einaudi (pagg. 251, euro 28). Spezzare il pane, fare la comunione, prendere l’ostia, ingoiare la particola. Matteo Al Kalak, che insegna Storia del cristianesimo all’Università di Modena e Reggio Emilia, prende le mosse dal famoso caso dell’areo uruguayano precipitato sulle Ande il 13 ottobre 1972 con a bordo una squadra di rugby dal nome che è già un programma: gli Old Christians, il club dello Stella Maris College di Montevideo. I sopravvissuti allo schianto continuarono a vivere cibandosi dei compagni morti. «Trarre la vita dai corpi del loro amici defunti, ricordarono alcuni dei sopravvissuti, divenne come trarre energia spirituale dal corpo di Cristo quando prendevano la comunione» racconta Al Kalak. La storia millenaria dell’eucaristia poteva partire da lì o anche finire lì. «Come può costui darci la sua carne da mangiare, si chiedevano sbigottiti gli ebrei che ascoltano Cristo comandare ai suoi fedeli di consumarne la carne e il sangue». I cristiani furono investiti pressoché subito da accuse di cannibalismo. La pratica di “Mangiare Dio” scandalizzò molti pagani. «Nel continente delle buone maniere e della cultura - scrive Al Kalak - ogni giorno si sentiva parlare di mangiatori di Dio (theophages, mangedieux) e, cosa ben peggiore, di defecatori di Dio (theochezes). Il mistero della presenza reale di Cristo era travolto dalla controversia religiosa, sino a produrre derisioni sul processo digestivo che portava la carne della divinità dalla bocca alla fogna».
La festa del Corpus Domine (istituita nel 1247 a Liegi) con pratiche di adorazione come le Quarantore (il tempo passato da Cristo nel sepolcro). Tutte ebbe inizio con l’Ultima Cena di Gesù (“Questo è il mio corpo”). È in quell’occasione, nell’anno 33 dopo Cristo, che viene istituita l’eucarestia. Da lì in poi secoli di dibattiti, discussioni, eresie tra transustanziazione e consustanzione, dibatti su sale, lievito e azzimi. Alla fine del Medioevo John Wyclif e Jan Hus negarono “la transustanziazione, pur salvando la presenza di Cristo nel pane consacrato”. Hus fu dichiarato eretico e arso al concilio di Costanza.
Il monaco agostiniano Martin Lutero protestò quasi tutti i sacramenti cattolici, ma non l’eucarestia. Una lunga lista di miracoli ha reso intoccabile l’ostia. Da quello al sangue di Bolsena che ha originato il Corpus Domini. Nel 1263 un prete boemo, Pietro da Praga, al rientro in patria da un pellegrinaggio in Italia, si fermò a Bolsena per celebrare la messa. E durante la consacrazione l’ostia si trasformò in carne stillando sangue che macchiò il corporale e i marmi dell’altare. Il Pontefice Urbano IV trasportò le reliquie a Orvieto e fece erigere la magnifica cattedrale. Quella di Bolsena non fu l’unica eucarestia al sangue. Un’ostia sanguinò due volte ad Asti: nel 1535 nella collegiata di San Secondo con il prete Domenico Occelli e il 10 maggio del 1718 con il prete Giovanni Francesco Scotto. Oltre a sanguinare le ostie resistono anche al fuoco. Nel 1595 sei particole cadute a terra uscirono intatte dall’incendio di Sant’Ambrogio a Firenze. E l’impronta di un’ostia caduta a terra nel 1605 dalle mani di un prete si può osservare sui gradini della cappella Caetani nella chiesa di Santa Pudenziana a Roma. In tempi moderni si arriva alla comunione self-service come al seminario di Pisa o tipo fast food come Santa Maria del Soccorso a Roma («Sembrava di stare al McDonald»).
Ma l’immagine più incredibile è quella del 27 marzo 2020 quando, in piena pandemia, con “l’ostensorio brandito su una piazza San Pietro spettrale e deserta”: «Francesco si è mostrato solo e sotto una pioggia battente, davanti alle telecamere del mondo. All’ostia, adorata, riverita e offerta come antidoto, è stato affidato il compito di guadagnare la benevolenza di Dio per la guarigione dell’umanità». Un’immagine assoluta. —
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