Mamma e papà erano terroristi

I romanzi di Valerio Callieri e Nicola Ravera Rafele rievocano gli anni di piombo

di ALESSANDRO MEZZENA LONA

Si può spiegare quasi tutto a un figlio. Amori e illusioni, sogni e delusioni. Sperando che capisca. Ma c’è un terreno minato sul quale è difficile avventurarsi insieme a lui. Un orizzonte oltre il quale prendono forma le utopie. Rivoluzioni mancate, contestazioni dai contenuti fragili, sbornie ideologiche. Progetti di un mondo nuovo, diverso, che troppo spesso scivolano nel gorgo della violenza. Sporcano le mani di sangue.

E per un figlio è sempre difficile spiegarsi quelle scelte. Capirle. Soprattutto se sono i suoi genitori a farle. Come capita ai protagonisti di due romanzi italiani che portano alla ribalta autori tutti da scoprire. Valerio Callieri può contare sulla benedizione del Premio Calvino, che ha vinto con il suo “Teorema dell’incompletezza (Feltrinelli, pagg. 351, euro 18). Nicola Ravera Rafele porta con sé il peso e l’onore di due cognomi che riconducono alla scrittrice Lidia Ravera e al regista Mimmo Rafele. Il suo romanzo “Il senso della lotta” (Fandango Libri, pagg. 441, euro 18,50) arriva a molti anni dal debutto di quindicenne con “Infatti purtroppo”.

Due libri, sia ben chiaro, molto diversi. Più sperimentale il primo, romanzo-romanzo l’altro. Ma che hanno un punto in comune: entrambi ruotano attorno alla ricerca di un figlio sul passato dei propri genitori. Su qualcosa di indicibile che confina con il sogno rivoluzionario dell’Italia nei ’70 e ’80. Anni di piombo, gli hanno chiamati, dove le Brigate Rosse erano solo uno dei punti di riferimento di una galassia movimentista che decise di prendere le armi e sparare. Sperando di trascinare l’Italia fuori da una palude di corruzione, clientelismo, trame oscure.

Romano, laureato alla Sapienza, allievo della Scuola Holden, Callieri costruisce il suo “Teorema dell’incompletezza” (che verrà presentato alla Libreria Ubik di Trieste giovedì 13, alle 18, in una serata organizzata dalla Biblioteca che vorrei) attorno a due fratelli. Il padre, ex operaio della Fiat, è stato ammazzato nel suo bar di Centocelle. Vittima di una rapina, si dice. Ma il figlio minore comincia a dubitare della versione dell’omicidio quando scopre, sul retro di una cornice, una misteriosa scritta: «Non lasciarmi sola, Clelia 1979».

Così si mette a scavare nel passato. Scoprendo misteriosi collegamenti del padre con gli ambienti della lotta armata. E mentre il figlio più grande Teo, un poliziotto che non rinnega di essere stato in prima fila nei pestaggi al G8 di Genova, si ostina a difendere la memoria del morto, che lui considera un servitore fedele dello Stato, il più giovane si immerge nell’oscuro intrecciarsi di verità contraddittorie e connivenze impensabili. Di storie che strappano la maschera a un’Italia tormentata dal fantasma di Aldo Moro. Lo statista ammazzato all’interno di un torbido piano, ancora oggi impossibile da rivelare.

Originale e sostenuto da un gran lavoro di ricerca, anche se a volte rischia di inciampare nella struttura labirintica del racconto, il “Teorema dell’incompletezza” regala un ritratto del Belpaese che fa tremare le gambe. Perché dietro la finzione del romanzo si nascondono le pagine più inquietanti dei documenti firmati dalle commissioni parlamentari. Da giornalisti e storici che non si accontentano di verità precotte.

E proprio nella redazione romana del “Corriere della Sera” lavora Tommaso, il protagonista de “Il senso della lotta” di Ravera Rafele. Un giornalista precario cresciuto come un figlio dalla zia psicoanalista, Diana, nello sbiadito ricordo dei genitori Michele Musso e Alice Rosato. Brigatisti fuggiti in Francia e morti in un incidente. La sua ricerca di verità lo porterà a perdere il lavoro, l’amore transitorio per la collega Marta, perfino l’affetto degli zii. Perché andando a scavare tra le macerie di quella che è stata la galassia del terrorismo rosso scoprirà sgradevoli verità. E una certezza: nessun figlio può accettare di farsi rovinare la vita da un genitore che a lui, a una vita normale da passare insieme, preferisce un dogma. Per di più imperfetto.

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