L’uomo che fece una ramanzina a Lennon

Nella “Vita è facile ad occhi chiusi” con Javier Cámara, premiato a Gorizia con l’Amidei

È il 1966 e la Spagna vive ancora in pieno franchismo quando un maestro di provincia che insegna inglese ai bambini, al secolo Juan Carrión Gañán, si mette in viaggio in macchina diretto ad Almería, in Andalusia, dove John Lennon sta girando il film di Richard Lester "Come ho vinto la guerra". È intenzionato a incontrare il cantante dei Beatles per fargli una ramanzina perché i dischi dell'epoca non riportavano ancora i testi delle canzoni e a lui toccava fare lo sforzo di tirarseli fuori, parola per parola, per poter insegnare ai suoi allievi la lingua dei Fab Four. Grazie alla sua perseveranza e certo di essere nel giusto, quel sogno si è avverato: non solo Carrión è riuscito ad avvicinare Lennon, con cui ha mantenuto per anni un'amicizia epistolare, ma da quel momento in poi i Beatles hanno sempre inserito i testi delle loro canzoni nei dischi, imitati presto anche da altri musicisti.

È tratto da questa incredibile storia vera il film di David Trueba (fratello minore del premio Oscar Fernando) "La vita è facile ad occhi chiusi", in uscita domani al Cinema Fellini di Trieste e al Kinemax di Monfalcone, distribuito da ExitMedia dopo aver ottenuto sei premi Goya (l'equivalente spagnolo ai nostri David) tra cui quello al miglior film e al miglior regista.

Il protagonista di questa favola on-the-road è Javier Cámara, noto al grande pubblico per aver interpretato il ruolo dell'infermiere nel film di Almodovar "Parla con lei", film che nel 2002 lo ha portato anche a Gorizia per ritirare il Premio Sergio Amidei al posto del regista spagnolo. Un ricordo ancora vivo nel cuore dell'attore, che si era trattenuto per qualche giorno visitando anche Venezia e Trieste, «posti incantevoli con gente meravigliosa», ricorda.

E proprio all'Amidei è avvenuto l'incontro con Paolo Sorrentino (vincitore del Premio Opera prima per "L'uomo in più"), il regista Premio Oscar con cui Cámara sta attualmente lavorando a Roma sul set di "The Young Pope", al fianco di star internazionali come Jude Law, Diane Keaton e Cécile de France.

Il personaggio che interpreta nel nuovo film di Trueba che prende il titolo da una strofa di "Strawberry Fields Forever" è stato scoperto dal regista un po' per caso, leggendo la sua storia sul giornale. «Io me ne sono innamorato leggendo la sceneggiatura senza neppure sapere che fosse tratto dalla realtà. Quando David me l'ha detto mi pareva impossibile - racconta l'attore -. La sceneggiatura è stata scritta senza aver incontrato il vero Juan, ma dopo i primi due giorni di lavorazione a Madrid, andando verso Almeria per continuare le riprese, ci siamo fermati a Cartagena e lo abbiamo incontrato a pranzo. Ha novant'anni, ma più energia di un quindicenne. Quando mi ha stretto la mano me l'ha quasi stritolata. Mi ha anche sottoposto a una specie di esame per capire se sapevo bene l'inglese e se fossi la persona giusta per raccontare la sua storia. Quando poi ha visto il film al cinema ci si è rivisto dentro, ha detto che le cose sono andate esattamente come le abbiamo raccontate».

A fare da sfondo a questa storia di sogni e di amicizia c'è la Spagna franchista, con tutta l'arretratezza delle zone rurali e un senso di oppressione dal quale i protagonisti, Juan e i due giovani ragazzi incontrati sulla strada, stanno cercando in qualche modo di sfuggire. «Questa storia ha il profumo di quegli anni ma si rivolge soprattutto alle nuove generazioni. Il racconto adotta lo sguardo delle persone comuni. Juan è un signore normalissimo che osserva la realtà senza poterla cambiare ma cerca di fare comunque qualcosa nel suo piccolo. Le persone che possono davvero cambiare il mondo sono gli eroi anonimi, i nostri genitori, i professori illuminati, la brava gente. C'è una scena bellissima quando Juan a un certo punto dice ai due ragazzi che nella vita non si deve avere paura. E' una lezione per quei ragazzi ed è un omaggio ai nostri genitori che sotto la dittatura hanno vissuto anni terribili. Ora siamo liberi e dobbiamo guardare avanti».

Beatrice Fiorentino

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