Lungo i 70 anni dell’associazione Aldebaran si snoda la storia della marineria a Trieste

Il sodalizio festeggia un significativo traguardo. Il suo archivio comprende oltre 50 mila foto, pubblicazioni e una flotta di 800 modellini

Claudio Ernè

TRIESTE Occhi che scrutano il mare, prue di navi, bacini di carenaggio, scafi che scendono da scali inclinati, piani di costruzione, fotografie, disegni, documenti, ricerche negli archivi, libri, monografie, mostre e tanti, tanti modelli. Dai transatlantici, agli incrociatori, dai sommergibili, ai vaporetti, ai rimorchiatori, ai trabaccoli, alle imbarcazioni tradizionali da pesca e trasporto e a quelle da diporto.

I cento e cento appassionati di marineria che sono riuniti sotto l’insegna dell’”Associazione Aldebaran” a partire dal 1951, oggi, 12 dicembre, festeggiano i 70 anni di attività del loro sodalizio. E possono guardare alla loro storia con soddisfazione e orgoglio perché hanno redatto libri fondamentali per la marineria non solo italiana, hanno salvato ciò che era scampato alla distruzione dell’archivio dei CRDA-Cantieri Riuniti dell’Adriatico, hanno organizzato conferenze, mostre, esposizioni di modelli di navi, realizzandole seguendo i disegni originali o in mancanza di questi, ricavando le misure e le proporzioni degli scafi da un innumerevole numero di fotografie storiche.

Il cuore dell’Aldebaran aveva iniziato a pulsare quando su Trieste sventolavano le bandiere americana e britannica e i cittadini speravano e agivano per rivedere di nuovo svettare il Tricolore sulla torre del Municipio. Un piccolo gruppi di ragazzi accumunati dalla passione per il mare e la nostra Marina si erano raccolti attorno a Mauro De Pinto, avevano trovato una piccolo spazio per la loro attività di ricerca all’interno della Società Adriatica di Scienze Naturali, ospitata presso il museo del mare che di lì a poco sarebbe diventato “civico”.

Da questa sede, estrema propaggine in via San Giorgio del Museo Revoltella, era iniziata una navigazione – fino a oggi - lunga 70 anni. Nei successivi sette decenni si sono intrecciati rapporti con la Capitaneria di Porto, con l’Istituto nautico, con le sezioni triestine della Lega Navale e dei Marinai d’Italia. Poi sono iniziati i contatti con le Direzioni dei cantieri navali e con l’Amministrazione comunale e si sono offerte al pubblico numerose mostre di modelli di ogni tipo di navi. Sono nati anche i primi concorsi tra i soci che costruivano in ore e ore di lavoro il modello più veritiero, tanto da poter essere usato dalle case di produzione cinematografica per la realizzazione di filmati in cui la nave reale, protagonista della pellicola era già affondata.

“Precisione e dettagli riprodotti in modo esemplare in scala 200” è stato sempre il motivo dominante delle costruzioni dei soci “modellisti” dell’Aldebaran. La flotta di quella che potrebbe essere una Compagnia di navigazione oggi schiera un numero di navi superiore a 800; analoghe cifre importanti, come conferma il presidente Dario Tedeschi, definiscono le dimensioni dell’archivio fotografico con oltre 24 mila immagini salvate dalla chiusura degli uffici dei CRDA, 15 mila foto di navi militari e altre 13 mila di mercantili italiani e stranieri. Importanti anche le 900 immagini di quella che fu l’officina “Ponti e Gru” del Cantiere San Marco.

All’attività del San Marco e a quella del San Rocco di Muggia l’ex presidente Paolo Valenti, assieme all’ingegner Ernesto Gellner, hanno dedicato due libri fondamentali per conoscere la storia e le caratteristiche tecniche dei cantieri e delle navi che vi furono costruite, l’organizzazione del lavoro degli operai, l’impegno dei progettisti. Mario Marzari, un altro socio dell’Aldebaran, purtroppo scomparso anzitempo, si era dedicato alla storia della marineria tradizionale adriatica e per la casa editrice “Mursia” aveva redatto due volumi del tutto innovativi sul piano culturale dedicati ai trabaccoli e ai bragozzi, ai metodi usati per la loro costruzione in legno, alle caratteristiche nautiche dei due scafi, ai colori delle loro vele che ne contraddistinguevano il porto di origine e di armamento.

Giorgio Spazzapan ha invece scritto e pubblicato con la collaborazione di Paolo Valenti un prezioso volume sui vaporetti che hanno navigato tra Trieste, l’Istria e il Quarnero. Ha raccolto e inserito nelle pagine numerose fotografie d’epoca della sua ponderosa collezione, manifesti, nomi di società armatrici scomparse nel tempo e di comandanti entrati nella storia, tra cui Nazario Sauro. Ha anche raccontato la sorte subita dai vaporetti “militarizzati” negli anni delle due guerre mondiali.

Aldo Cherini ha redatto numerosi “quaderni” con magnifici disegni di velieri e notizie molto precise e dettagliate sulle loro vicissitudini. Ha scritto sui “quaderni” dell’Aldebaran, della tragedia del piroscafo “Baron Gautsch”, finito il 13 agosto 1914 in un campo minato al largo di Brioni e affondato rapidamente, trascinando sul fondo almeno 130 dei 300 passeggeri. Un altro suo “quaderno“ è dedicato alla costruzione del faro della Vittoria, altri ancora al batiscafo “Trieste” e all’industria navalmeccanica della nostra regione. Si potrebbe continuare a lungo in una carrellata sul passato. Ma l’Aldebaran e il suo presidente guardano al futuro della loro associazione, pensano a una grande mostra cui hanno lavorato anche in questi due anni di pandemia. «Una mostra su Trieste e il mare. La città è stata collegata con tutti i maggiori porti del mondo. Vogliamo mostrare le navi di queste linee marittime, i cantieri in cui i nostri tecnici le hanno costruite, i servizi portuali, le Compagnie di navigazione, gli armatori, le assicurazioni, i recuperi navali, i palombari e i rimorchiatori. Tutto ciò che ruota e ha ruotato attorno al porto a partire dal 1837, l’anno in cui convenzionalmente è iniziata la vita del Lloyd, prima austriaco, poi triestino. Noi siamo pronti e se qualcuno vuole cogliere il testimone…».

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