Luciana Castellina: «Il Covid ha esasperato una condizione di soprusi»

l’intervista
C’è una parola che suona terribile e odiosa, un neologismo di cui faremmo tutti a meno ma che serve a indicare con precisione una forma di delittoparticolarmente efferata e subdola: femminicidio. E ci sono le discriminazioni dal punto di vista lavorativo e salariale che ancora oggi colpiscono gran parte delle lavoratrici. La Festa internazionale della donna serve a far luce e a concentrare l’attenzione su molti angoli oscuri che riguardano l’universo femminile. Per la scrittrice e giornalista romana Luciana Castellina, parlamentare comunista, più volte eurodeputata e presidente onoraria dell’Arci, la ricorrenza dell’8 marzo è più necessaria oggi che in passato e deve essere celebrata senza esitazioni. «Viviamo un periodo ambiguo - dice Luciana Castellina - in cui l’unico movimento vincente, a livello planetario, è quello delle donne». E ribadisce come in diverse parti del mondo questa festa sia grande e sentita e come le manifestazioni si svolgano dappertutto, in Europa, in cui ci sono paesi dove il ruolo della donna è ancora tutto da conquistare – ad esempio la Polonia e l’Ungheria – fino all’America Latina. Di femminicidio, parola tristemente all’ordine del giorno, sembra non si possa mai smettere di parlare. «Il modo di parlare della violenza sulle donne - continua Castellina - è cambiato e oggi le donne non vengono ammazzate perché sono delle poverette indifese ma perché si ribellano e i maschi, che detengono il potere, non lo sopportano: gli uomini si vendicano ma perdono autorità, sono nevrotici. La cosa che mi viene spontaneo aggiungere è che senza spargimento di sangue non c’è rivoluzione e la rivoluzione delle donne è importante e forte».
A complicare le cose ci si è messo anche il Covid: a causa della pandemia le donne stanno pagando un prezzo molto alto tra i licenziamenti e le violenze domestiche. E, come sottolinea la parlamentare, per molte coppie in crisi i cambiamenti sono qualcosa di insopportabile e restare chiusi in casa certamente non aiuta a risolvere i problemi, anzi aumenta le frizioni. E L’Unione Europea? Fa qualcosa per aiutare le donne? «Già lo stato nazionale non può farlo - risponde la politica - figuriamoci l’Europa. Sono le donne che devono imporre un cambiamento, bisogna strappare conquiste, pagare i lavori non pagati, ottenere più diritti per le lavoratrici. Ci vogliono leggi per modificare il sistema, gli orari di lavoro e tutte quelle regole create per una società forgiata dal modello maschile che non è un modello neutrale. Oggi le donne per accedere a carriere importanti devono affrontare sacrifici e la maternità le penalizza ancora».
Trieste è stata storicamente un avamposto dell’emancipazione femminile ed è una città in cui le donne si sono sempre distinte. Luciana Castellina lo sa bene e considera Trieste la sua città in quanto il nonno era triestino e la sua educazione è stata mitteleuropea. «Secondo me - dice - a Trieste c’è sempre stata una maggiore libertà nella mentalità delle persone. Ma adesso la parola “emancipazione” non si usa più, è un concetto razzista, l’obiettivo per le donne non è diventare come i maschi ma far sì che le differenze ricevano la stessa valorizzazione senza mascherarsi da uomini. Le triestine sono sempre state più libere perché la Mitteleuropa era economicamente e socialmente avanzata, hanno cominciato a lavorare prima delle altre donne nel resto d’Italia». Secondo Castellina oggi le donne-simbolo vivono nelle comunità del Terzo mondo, le eroine principali sono quelle donne che in Africa o in America Latina dirigono la propria comunità e hanno un peso nel contesto sociale in cui sono inserite, pur con mille disagi. —
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