L’omicidio di Aldo Moro, per non dimenticare

A quarant’anni dalla strage di via Fani, lo storico Gianni Oliva firma un saggio di divulgazione sul contesto in cui maturò il sequestro

Sul rapimento e sull’uccisione di Aldo Moro esistono punti oscuri e verità contrastanti, tanto che ancora nella legislatura appena conclusa è stata istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta (la quinta): «confessioni» più o meno reticenti di brigatisti, «scoop» giornalistici su testimoni scoperti anni dopo, ricostruzioni fondate su congetture, ritrovamenti tardivi di materiali. Nel libro di Gianni Oliva si ripercorrono i 55 giorni di Moro (dal rapimento al ritrovamento del cadavere) così come sono emersi dalle inchieste e dai processi, e si analizzanno i «punti oscuri» e le principali interpretazioni che ne sono state date.

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Nell’autunno 2012, quando ero preside del liceo Massimo D’Azeglio di Torino, mi è stato chiesto di mandare una delegazione di studenti alla commemorazione organizzata per i 35 anni dell’assassinio di Carlo Casalegno, vicedirettore di La Stampa, morto il 29 novembre 1977 in seguito a un agguato delle Brigate Rosse: Casalegno era stato studente del liceo ed era stato colpito nel portone della sua abitazione in corso Re Umberto, a due isolati dalla scuola. Gli studenti sono andati, ma, essendo ragazzi seri, prima hanno fatto una ricerca su Internet per sapere chi era Casalegno: era un nome che sentivano per la prima volta. Però quegli stessi studenti sapevano perfettamente chi erano Renato Curcio e Mara Cagol. Ho pensato che se una comunità ricorda i nomi dei carnefici e dimentica quelli delle vittime, vi è un corto circuito nella memoria collettiva: così si rischia di ribaltare i ruoli, di dimenticare i contesti, di assolvere le tante complicità più o meno inconsapevoli dell’epoca. Di qui una ricerca indirizzata a ripercorrere le vicende degli anni Settanta, prima con Torino. Anni di piombo, ora con Il caso Moro (o l’«operazione Fritz», come definita talvolta dai terroristi).

Questo – sia chiaro – non è un «altro libro» su Aldo Moro, con una verità inedita e fragile come tutte quelle che sono comparse sinora (da quarant’anni si scrive, s’illaziona e s’indugia tra una congettura e l’altra). Questo è un libro che ha l’ambizione di essere letto dai tanti che di Moro sanno il nome e il destino tragico, ma non ricordano i fatti e il loro contesto; e da quelli (e sono ancora più numerosi) che di Moro non sanno quasi nulla, perché nati dopo e formati da una scuola dove la storia antica è più in onore di quella contemporanea.

Un libro di divulgazione scientifica, dunque, dove le immagini servono a ricreare l’atmosfera che le pagine raccontano. La linea conduttrice è data dalle risultanze dei processi e da quanto la magistratura ha potuto ricostruire dei 55 giorni compresi tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978, dalla strage di via Fani, alla gestione del rapimento, al ritrovamento del cadavere in via Caetani. Poiché la mole di atti prodotti dal succedersi d’inchieste e processi ha rappresentato una base per molteplici discussioni e polemiche, l’ultimo capitolo è dedicato ai «misteri» del caso Moro e alle varie tesi complottiste che sono state elaborate, con l’avvertenza che nessuna di esse ha trovato riscontri adeguati.

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