Lirio Abbate: «I Re di Roma sono un nuovo tipo di mafia»

TRIESTE. Proprio come si è visto nel serial tv “Romanzo criminale” - che a questo punto sarebbe improprio chiamare “fiction” - affonda le radici negli anni Settanta quel vasto, multiforme e variegato fenomeno delinquenziale che nelle sue ultime manifestazioni ha preso il nome di “mafia Capitale”. L’inquinamento criminale di Roma è ampio, storicizzato, trasversale, nasce da un intrico di ideologia politica e delinquenza comune e si addensa intorno al controllo della cosa pubblica, con la connivenza di politici e amministratori. Volendo schematizzare l’attuale organigramma di “mafia Capitale” troviamo alcuni personaggi-chiave che abbiamo imparato a conoscere dalle cronache quotidiane: primo fra tutti il capo dei capi, Massimo Carminati, quello il cui filmato dell’arresto da parte dei carabinieri fa ormai parte del’immaginario diffuso intorno alla Roma di oggi. Ex terrorista finito più volte in galera, legato alla Banda della Magliana e addestrato in Libano durante la guerra civile, Carminati - detto “il Cecato” per aver perso un occhio durante una sparatoria - per anni ha girato tranquillo con una benda sull'occhio. È lui che manovrava come marionette politici di destra e di sinistra.
Poi c’è Salvatore Buzzi, altro fenomeno: omicida condannato a trent’anni (menò 34 coltellate alla sua vittima), in cella si comportò da detenuto "modello", ottenne fior di sconti di pena fino a diventare un paladino della sinistra: i suoi convegni in nome della legalità raccolsero il plauso di grandi nomi come Stefano Rodotà e Miriam Mafai, e il suo impegno nelle cooperative “rosse” diventerà un esempio per tutti. Peccato che, si scopre oggi, in realtà Buzzi una volta fuori di prigione sarà il vero “businessman” dell'intera organizzazione criminale.
Assieme a loro c’è Luca Odevaine, funzionario pubblico, già braccio destro di Veltroni sindaco e poi uomo chiave del coordinamento nazionale sull'accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell'Interno, che nasconde almeno tre false identità, le usa per coprire vari reati ma nessuno se ne accorge. È considerato l’uomo di collegamento tra boss e politica. Intorno a questo terzetto di galantuomini gira una galassia oscura fatta di neofascisti, ultras, soubrette, calciatori, persino attori, in una trama fitta di intrecci, interessi, appalti truccati, favori.
Tutto ciò viene ora raccontato con dovizia di particolari e documenti inediti ne “I Re di Roma” (Chiarelettere, pagg. 272, euro 14,90), ovvero “Destra e sinistra agli ordini di mafia Capitale”, scritto a quattro mani da due mastini del giornalismo d’inchiesta, Lirio Abbate, inviato de "l'Espresso", da vent'anni in trincea per documentare e raccontare i più grossi scandali italiani su criminalità organizzata, tangenti e corruzione; e Marco Lillo, giornalista investigativo, caporedattore inchieste de "il Fatto Quotidiano", colui che ha pubblicato i documenti segreti che hanno svelato le congiure in Vaticano e i trucchi nel bilancio del Monte dei Paschi di Siena ai tempi di Giuseppe Mussari. Il libro “I Re di Roma” verrà presentato domani, alle 17, da Lirio Abbate, assieme al direttore del Messaggero Veneto, Tommaso Cerno, nel cortile del Palazzo della Regione, in Piazza dell’Unità, nell’ambito della manifestazione “L.ink - Premio Luchetta incontra”.
Fa bene o male il sindaco Marino e restare sulla sua poltrona?
«Marino non c’entra - risponde Lirio Abbate - il problema è solo capire ora quali sono le imprese pulite e quali non che lavorano per il Campidoglio. Con tutte le emergenze che ci sono state le mafie hanno fatto miliardi, questo è il punto, Marino è una persona pulita, che non ha legami con mafie, massonerie ecc., e l’unica cosa che deve fare il Pd è puntare sulle “facce pulite”. Roma adesso ha bisogno di persone perbene».
A di là delle vostre inchieste, possibile che a Roma nessuno sapesse?
«Lo sapevano tutti. I romani sapevano benissimo chi era Carminati, sapevano dove andare quando era necessario trovare un “arbitro” per certe faccende. Ma per i cittadini di Roma tutto ciò era, anzi è, normale».
La domanda che corre lungo tutto il libro è: mafia Capitale è di destra o di sinistra? La risposta è ambivalente, però è un fatto che il malaffare ha proliferato in particolare durante il mandato di Alemanno.
«È solo per una questione di amicizie e conoscenze. Durante l’amministrazione Alemanno il patto criminale è riuscito a invadere l’amministrazione comunale piazzando i propri uomini nei punti chiave; attenzione: non politici, ma funzionari. Ma questo è stato solo perché Carminati aveva più conoscenze a destra, perché per il resto dialogava bene anche con la sinistra. Quello che conta sono i soldi».
La Banda della Magliana è ancora attiva?
«Ci sono alcuni pericolosi personaggi in circolazione, Carminati li teneva a bada, ora bisognerà vedere cosa succede. Non hanno il suo stesso carisma, ma sono violenti».
Ci sono collegamenti con le altre mafie?
«Mafia Capitale agisce all’interno del Grande Raccordo Anulare, è lì che comandano i Re di Roma. Fuori ci sono le altre mafie, ’ndrangheta, camorra ecc. Carminati e suoi non rappresentano né la camorra né la ’ndrangheta, anche se i sistemi di controllo del territorio sono gli stessi».
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