L’Iran visto da “Taxi Teheran”, il film girato e poi nascosto

ROMA. Sei anni di prigione (ai domiciliari) e il divieto almeno per i prossimi 20 anni di girare film, scrivere sceneggiature, concedere interviste e uscire dall'Iran: sono le condanne subite nel 2010 dal regista Jafar Panahi, per aver supportato le manifestazioni popolari del 2009 che chiedevano più democrazia nel Paese. Il cineasta però non si è fatto fermare: ha continuato clandestinamente a raccontare l'Iran in This is not a film (2011), Closed Curtain (2013), e nel 2015 in Taxi Teheran, Orso d'oro a Berlino, in sala dal 27 agosto con la nuova distribuzione di Valerio De Paolis, Cinema. Mescolando realtà e finzione, il 55enne Panahi diventa tassista fra le strade di Teheran, e grazie ai suoi 'passeggeri’ (attori non professionisti, legati al quotidiano del regista) è proiettato in racconti e mini avventure surreali che navigano fra humour e possibile dramma. Incontri filmati attraverso tre videocamere sull'auto e vari smartphone, che gli permettono di affrontare temi come la scuola, la libertà d'espressione, di informazione, la pena di morte, le ineguaglianze sociali, ma anche l'amore per il cinema.
«Alla fine di ogni giornata facevo un back up e lo mettevo al sicuro in luoghi diversi - spiega Panahi -. Ho realizzato numerose copie di riserva del mio primo montaggio e le ho nascoste in una serie di città diverse. Solo in quel momento ho finalmente avuto la certezza di avere il mio film senza correre il rischio che qualcuno potesse metterci le mani sopra». Per un budget «in totale 100 milioni di toman (circa 32.000 euro). L'intera troupe ha accettato un salario ridotto e molti dei miei attori hanno rifiutato di essere pagati». Nel viaggio di Taxi Teheran (che è senza titoli di testa e di coda, perché avrebbero dovuto avere l’ok del Ministero della Cultura e dell'Orientamento Islamico), il regista è affiancato dalla sua vera nipote, la piccola Hana Saeid che ha anche ricevuto, a Berlino, emozionata fino alle lacrime, per conto dello zio, l'Orso d'oro.
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