Link apre a Trieste con Iacona e Severgnini. Tiene banco l’Europa del futuro
TRIESTE È la stretta attualità il filo conduttore di Link, il Festival del buon giornalismo del Premio Luchetta che si è aperto ieri, nella Fincantieri Newsroom, con due nomi di punta del giornalismo italiano: Riccardo Iacona e Beppe Severgnini. Il pubblico ha affollato la grande “stanza delle notizie” allestita in piazza Unità per assistere all’inaugurazione della manifestazione, con la consegna del Premio Speciale della Fondazione Luchetta a Riccardo Iacona, un riconoscimento per le inchieste del format PresaDiretta ma anche “per l’intuito e la lungimiranza che, 25 anni fa, lo hanno portato a guardare ai tragici fatti di Mostar come a una chance di solidarietà concreta per i bambini vittime della guerra”.
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A seguire lo spettacolo di Beppe Severgnini, che si è raccontato al pubblico attraverso il suo intimo e ironico “Diario sentimentale di un giornalista”: un viaggio in parole e musica che ripercorre le tappe della sua fortunata carriera.
Saranno una trentina i talk in programma a partire da oggi e fino a domenica, e avranno come protagonisti alcune delle firme più prestigiose del mondo dell’informazione italiana – ma anche amministratori locali, sindacalisti e scienziati – chiamate a confrontarsi sui temi più caldi del momento, dal lavoro alla tutela ambientale, dalle grandi emergenze mondiali al nostro sviluppo economico “sulla via della Seta”.
E non poteva mancare un incontro dedicato alla nostra sempre più claudicante Europa («che ci ha consentito di mantenere una lunga pace» ha osservato Iacona), in vista del prossimo appuntamento elettorale che tra il 23 e il 26 maggio richiamerà alle urne circa 400 milioni di cittadini europei. A discuterne, domani alle 18.30 nel talk “Europa da cambiare”, saranno il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano, quello de Il Messaggero, Virman Cusenza, la giornalista del settimanale Oggi Marianna Aprile e il giornalista ed ex direttore del Tg1 Andrea Montanari. «Il tema non è se abbandonare l’Europa o tenerla così com’è: tutti concordano sul fatto che vada cambiata, ma – si chiede Montanari – come passare dalle parole ai fatti? Perché è chiarissimo che l’Europa ha perduto parte del suo appeal: l’Italia, che per anni è stata il paese più europeista di tutti, è diventata molta tiepida nei confronti dell’Europa, se non euroscettica. Ma stiamo assistendo davvero a una bizzarra campagna elettorale per le europee, in cui i politici italiani parlano di tutto tranne che di Europa».
Sulla stessa linea Marianna Aprile, che commenta: «L’Europa andrebbe cambiata nel senso che andrebbe compiuta sul serio, perché è inconfutabile che sia un’Europa a metà. Ma per farlo è necessario partecipare al gioco democratico. Salvini, che rappresenta la quota antieuropeista della politica italiana con posizioni molto critiche nei confronti di Bruxelles, in Europa è stato campione di assenteismo: ma se è davvero convinto che l’Europa abbia un’influenza così nefasta sulla vita dei cittadini dovrebbe partecipare alla vita politica europea per migliorarla. Invece pure quando si è trattato il tema che dovrebbe essergli più caro, la ricerca di un accordo per superare il trattato di Dublino, il vice premier leghista ha disertato i tavoli negoziali. Lo trovi profondamente incoerente, perché partecipare ai lavori è il primo modo per neutralizzare delle strategie ritenute scorrette e crearne di condivise». L’Italia, evidenzia Aprile, ha preso sottogamba la rappresentanza in Europa: storicamente l’Europarlamento è stato visto come il parcheggio per i trombati della politica italiana.
«L’Europa è un valore, ma va riformata, perché se i sistemi non si autoriformano poi implodono: la cosiddetta prima repubblica italiana morì proprio per questa ragione – commenta Gennaro Sangiuliano –. Charles de Gaulle, che ha combattuto contro il nazifascismo, auspicava un’Europa dei popoli, ma quest’Europa invece è una dittatura delle élite, un potere opaco perché non legittimato dai cittadini. Da chi sono stati eletti e chi rappresentano i funzionari di Bruxelles?». Per il direttore del Tg2, autore nel 2014 insieme a Vittorio Feltri del libro “Il quarto Reich” sullo strapotere tedesco in Europa, «l’Unione europea è una sovrastruttura burocratica che in alcuni casi ha tradito i valori spirituali e culturali fondanti dell’Europa: quelle di Juncker, che recentemente ha bacchettato la Germania sul patto di stabilità e sul suo surplus commerciale, sono lacrime di coccodrillo». Ma cambierà qualcosa con le imminenti elezioni? «Certamente per la prima volta dal 1979, anno in cui si tennero le prime elezioni parlamentari europee, vi sarà un exploit, tutto da misurare, dei partiti che definiamo “sovranisti” e che portano una visione radicalmente diversa dell’Europa, più dei popoli e meno comunitaria», sostiene Montanari.
Certo anche i media hanno una responsabilità nella diffusa disaffezione per la casa comune europea: «L’Europa gode di pessima stampa. Tendiamo a raccontarne gli aspetti negativi e darne per scontati i vantaggi, come quello di poterci muovere liberamente e andare a studiare in un altro paese con il programma Erasmus o di pagare una telefonata Roma-Parigi come se fossimo sul territorio nazionale». —
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