L’imperatrice d’Austria s’invaghì di Trieste pur senza averla vista

Esce per Mgs Press la biografia di Ida von Düringsfeld che racconta la sovrana con grande abilità narrativa
Di Pierluigi Sabatti

di PIERLUIGI SABATTI

Ritratto di donna in un interno a trecento anni dalla nascita. L'interno, anzi gli interni sono quelli fastosi delle regge asburgiche, la donna è Maria Teresa. L'imperatrice che ha "creato" Trieste viene ritratta in una breve biografia, scritta nel 1871, da Ida von Düringsfeld, proposta da Mgs Press con il titolo "Maria Teresa. Semplice nel privato determinata sul trono" (pagg. 104, euro 15).

Il libro verrà presentato a Eataly Trieste domenica 2 aprile, alle 17, dalla storica dell’arte Rossella Fabiani e dal giornalista Luciano Santin. Al termine, uno “show cooking” durante il quale Vincenzo Vitola, executive chef di Eataly Trieste, preparerà l'Apfelstrudel, lo strudel di mele tanto amato dalla sovrana.

Ida von Düringsfeld è una scrittrice tedesca di romanzi e diari di viaggio, nata nel 1815 e morta nel 1876. Studia musica e lingue romanze e slave e, giovanissima, pubblica le prime liriche, seguite da un ciclo di romanzi molto apprezzati dai lettori. Nel 1845 sposa lo storico e linguista Otto Freiherr von Reinsberg avviando un saldo sodalizio affettivo e lavorativo, così potente che, il giorno dopo il decesso improvviso della moglie, Otto von Reinsberg si toglie la vita.

La prosa di Ida von Düringsfeld, molto ben resa nella traduzione di Rebecca Sandrigo, fa di questa biografia un «delicato cammeo letterario - scrive Luciano Santin nell'esaustiva prefazione - che offrendo scorci della vita aristocratica con minuzia quasi fotografica di dettagli, guarda al temperamento e al comportamento di Maria Teresa soprattutto tra gli ori, i broccati e i tessuti damascati della Hofburg e lungo i viali ombrosi di Schönbrunn e Laxenburg».

Un esempio dello stile dell'autrice: il battesimo di Maria Teresa, avvenuto nel 1717. Scrive: «La Ritterstube, rivestita con preziose tappezzerie d'oro, d'argento e seta, era illuminata con candelieri di cristallo e candelabri a muro. I locali erano splendenti e la cerimonia non fu da meno. Il padre, l'imperatore, indossava un mantello con ricami d'oro e d'argento e una piuma rossa sul cappello».

La stessa meticolosità si trova nella descrizione del futuro sposo di Maria Teresa, Francesco Stefano di Lorena, che lei amerà profondamente, fatto insolito in un'epoca di matrimoni combinati. Il principe non eccelle nello studio e ha problemi pure col francese, sua lingua madre, è però bravo nella danza (che Maria Teresa ama) e nella caccia, che gli assicura le simpatie del futuro suocero. Non dimostra particolari doti nel settore militare e in quello politico, ma sa gestire in modo eccellente il patrimonio personale.

All'imperatrice va bene così: lasci a lei le fatiche di governo e lui occupi il suo tempo come gli aggrada, rispettando i suoi doveri coniugali. E seppur soffrendo, gli concede qualche scappatella, come suggerirà di fare alle figlie maritate. La coppia ha sedici figli, di cui tredici superano l'infanzia.

Maria Teresa è una donna semplice e pratica, parla in dialetto viennese, ma anche francese e italiano, è molto religiosa (a messa ogni giorno, anche due volte), e molto legata alla famiglia. «Una donna capace e forte - nota la von Düringsfeld - una natura materna in ogni senso, nei confronti sia della sua famiglia sia del suo regno. Che abbia sbagliato da un lato mostrandosi spesso fredda e altezzosa e dall'altro immischiandosi con benevola indiscrezione in questioni che non la riguardavano in quanto imperatrice non va negato; tuttavia non è giusto pretendere da lei la perfezione, come non la si pretenderebbe dagli altri esseri umani».

Una donna peraltro conscia del suo ruolo: «Quante gioie e dolori nelle nostre lunghe vite - affermò -, quante responsabilità. C'è da rabbrividire». Ma lei non rabbrividì quando dovette assicurarsi la corona, visto che la Prammatica Sanzione che permetteva a una donna l'accesso al trono, dopo secoli di Legge Salica, non venne rispettata in primis da quello che sarà il suo grande nemico, e da lei odiato, Federico II di Prussia, che la priverà della Slesia. Attaccata da più parti, riuscirà a farcela per pochissimo assicurandosi l'alleanza con gli ungheresi, sì proprio con i sudditi più riottosi della casa d'Asburgo che lei riesce a conquistare presentandosi al parlamento magiaro riunito a Bratislava con in braccio il figlio Giuseppe, ancora neonato. Parla da madre del piccolo, ma anche di tutti i suoi popoli, e implora l'aiuto della nobile nazione ungherese. La risposta degli aristocratici è gridata e unanime: «Moriamur pro rege nostro Maria Theresia». Anche perché viene loro assicurata l'esenzione dalle tasse.

Lei preferisce i matrimoni alle guerre tanto da essere soprannominata la "suocera d'Europa" ed è molto amata dal popolo, che lo dimostra quando cade malata di vaiolo e le viene impartita l'estrema unzione. I sudditi si riversano nella piazza della Hofburg e, nonostante le guardie tentino di bloccare il passaggio, salgono le scale e rimangono in attesa fino a notte fonda.

Questa regina con "il cuore di un uomo", come si definisce, è una grande riformatrice. Il suo è il "dolce dispotismo illuminato", come nota François Fejtö nel suo prezioso "Requiem per un impero defunto".

E Trieste è la città maggiormente beneficata dalle sue iniziative. «A Trieste venga l'uomo di riflessione a meditare sopra il modo con cui nascono e si fondano le città. A Trieste venga il ministro a compiacersi negli effetti delle solitarie occupazioni del suo gabinetto; il legislatore ad apprendere l'arte di servirsi delle facoltà degli uomini per condurli, loro malgrado, a una felice esistenza». Così scrive, nel 1785, Antonio de' Giuliani, nel suo "Riflessioni storico politiche sopra il prospetto attuale della città di Trieste".

Maria Teresa avvia lavori pubblici formidabili. Le nuove infrastrutture portuali (il molo San Carlo, il molo Teresiano, il Canal grande, il Lazzaretto nuovo) e la via Zinzendorfia, o Commerciale, imprimono una decisa accelerazione ai traffici dell'emporio. Nel 1753 i bastimenti approdati in città erano 698, venticinque anni dopo sono 5.231. E ancora l'ospedale e l'acquedotto.

Libera la città vecchia dalle mura medievali, protezione per il modestissimo patriziato locale che si sta estinguendo. Le sorti della città sono ora nelle mani di Vienna e della nuova nobiltà del tallero. L'imperatrice conferma il Porto Franco e crea la Borsa mercantile nel 1755; a Milano e Roma arriverà nel secolo successivo. E vengono emanate norme che regolano i traffici commerciali, oltre all'istituzione del sistema tavolare, in vigore ancor oggi.

Nel campo dell'istruzione, l'imperatrice compie un'autentica rivoluzione con la scuola obbligatoria fino a 12 anni, sia per i maschi che per le femmine. E alle donne pensa apprestando presidi per le partorienti. Inoltre istituisce il "visitatore dei morti", definizione macabra dell'anatomo-patologo, incaricato di effettuare le autopsie per comprendere le cause di morte. Emana gli statuti che consentono alle comunità ebraica, greca, illirica, armena di insediarsi in città e di prosperare. Infine vanno ricordate le riforme in campo penale: abolisce la caccia alle streghe, riduce crimini puniti con la morte, abolisce la tortura.

Trieste è il laboratorio dove si rendono manifesti gli esiti di quello sviluppo mercantile, fortemente orientato da un intelligente dirigismo statale, che rappresenta la cifra politica teresiana, trasmessa al figlio co-reggente. I particolari sono annotati nell'estratto "Dagli Annali dal 1696 al 1848 del procuratore civico cav. Pietro dott. Kandler" che è inserito nel libro insieme agli utilissimi albero genealogico e tavola cronologica che consentono al lettore di inquadrare meglio la figura di questa grande donna, che muore nel 1780 senza aver visto Trieste. Doveva farlo, ma una delle sue tante gravidanze le impedì il viaggio nella città che tutto le deve.

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