L’Estasi di Riccardo Piter porta alla scoperta delle sue sculture nel nuovo Museo di Aviano

Su progetto della triestina Comunicarte lo spazio espositivo dedicato all’artista con 57 opere donate dagli eredi



Parla quasi tutto triestino il nuovo Museo di Aviano, che il Comune della cittadina del Pordenonese ha voluto intitolare a Riccardo Piter, suo augusto cittadino, che nacque a Castel d’Aviano nel 1899, figlio di uno scalpellino. E che ben presto lasciò la sua terra, dopo essersi formato nelle cave di pietra locali sotto la guida del padre, trasferendosi nel 1920 nella Milano dell’epoca, dove la vita culturale e artistica ferveva e dove ebbe inizio la sua brillante carriera di scultore.

In seguito alla donazione, nel 2015, da parte della figlia Giuliana al Comune di una raccolta di 57 sculture, la collezione è stata collocata all’ultimo piano della Palazzina Ferro di Aviano secondo il progetto di Comunicarte, che ha vinto la gara indetta dall’autorità municipale grazie a uno staff di professionisti triestini: la storica dell’arte Anna Krekic, responsabile della curatela del progetto espositivo e dei testi, l’architetto Gabriele Pitacco, che ha ideato l’allestimento permanente, Massimiliano Schiozzi, cui si deve l’immagine coordinata, e Furio Ogrisi, che ha collaborato nelle fasi concrete della mise en scène museale. Sono inoltre stati realizzati da Comunicarte un bel video introduttivo, con le riprese e il montaggio della triestina Francesca Bergamasco e la voce narrante di Fabrizio Gaio, e un chiaro e nutrito catalogo, intitolato “La Bottega di Riccardo” e curato da Margherita Venturelli, che completano l’evento espositivo, creato in occasione del centoventesimo anniversario della nascita di Piter.

Immagine guida dell’iniziativa è la scultura “Estasi”, delicata interpretazione di una figura femminile gentile e assorta, realizzata nel 1947, che appare intrisa, come quasi tutte le opere dell’artista, da un filo poetico, una sorta di grazia interiore che rende lievi anche le immagini più “battagliere”, come “Il guerriero” del 1950 e “Diana” del’46. In mostra, le sculture parlano chiaro: espresse attraverso gli stilemi del realismo, prendono tuttavia lievemente nota anche di altre correnti del Novecento, come per esempio i due bassorilievi con scene bibliche, intitolati a “Caino e Abele” (1948) e a “Le figlie di Lot” (1949), che suggeriscono un approccio razionalista al soggetto. Una classicità composta e pacata caratterizza però le sue sculture, che hanno il dono della levità e di un’eleganza interiore, ben diversa da certa declamatoria razionalista. Esce dal coro anche il personaggio di Capaneo, uno dei sette re che mossero verso Tebe, sfidando Giove e da questo fulminato: un soggetto mitologico insolito, che lo scultore avianese interpretò nel’53 secondo il codice della forza maschia e dell’audace baldanza di memoria dantesca (Inferno, Canto XIV), con un’essenzialità poderosa e formale che suggerisce nuove strade nell’interpretazione della sua poetica. Formatosi in seconda battuta (dopo le cave avianesi) all’alta scuola meneghina degli scultori Adolph Wildt e Giannino Castiglioni, del quale era stato collaboratore, seppe accontentare con talento magistrale nella ritrattistica, l’alta borghesia del capoluogo lombardo, cimentandosi anche in possenti monumenti pubblici nel milanese e ad Aviano, ma dimostrandosi per altro in grado di sperimentare un’icastica modernità, diversa dal suo filone espressivo consueto.

La mostra e il catalogo raccontano in ogni caso il suo amore per la bellezza e quella capacità propria degli scultori di talento d’infondere l’anima alla materia, con un’inclinazione comunque sintetica, anche se narrativa. Presago e attivo anche nei tempi nuovi – sarebbe morto a Milano nel’76 – Pitter ci offre nel suo Museo (e in catalogo) una lezione della terza dimensione, decrittata in cinque sezioni: Lo scultore e la sua bottega, Ritratti, Figure, Bronzetti e dintorni e Una misurata classicità, cui si aggiungono, per contestualizzare la sua vicenda, un utile approfondimento sull’evoluzione tecnica e la scultura nel’900 e sugli scalpellini e gli artisti nell’Aviano migrante. —

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