Leonor strega New York, i suoi quadri piacciono a Madonna e Johnny Depp - Video

TRIESTE Più di settecento visitatori al giorno e un interesse che cresce settimana dopo settimana. La prima retrospettiva americana dedicata alla grande artista Leonor Fini sta raccogliendo molti consensi a New York dove, dal 28 settembre scorso, il Museum of Sex ospita la mostra “Theatre of Desire”, visitabile fino al 4 marzo. Il museo, sulla Quinta Strada a Manhattan, raccoglie e racconta il significato culturale della sessualità tenendo conto della sua storia e della sua evoluzione. L'arte, la scienza e la letteratura ci indicano molto chiaramente lo sviluppo di questa parte così importante della vita sociale spesso ancora ammantata di segreto e di pudore, da sempre legata al controllo e alla repressione tra generi.
In questo contesto si inserisce perfettamente la rassegna su Leonor Fini (1907-1996), curata da Lissa Rivera, che propone al pubblico una ricca selezione dei quadri dell'artista triestina, insieme a libri illustrati, disegni, costumi di scena e oggetti di design come la celeberrima boccetta a forma di busto di donna per il profumo “Shocking” creata per Elsa Schiaparelli negli anni Trenta e poi ripresa da Jean Paul Gaultier per il suo profumo e oggi anche da Kim Kardashian. Le opere esposte coprono il periodo 1930-1990, gli anni trascorsi a Parigi da Leonor che fece solo una parentesi a Roma durante la seconda guerra mondiale, ma non sono poche le tele che rimandano all'intensa e vivace formazione triestina della pittrice.

Ecco allora il quadro “Rasch, rasch, rasch... Meine Puppen warten”, ispirato a una frase che da bambina rivolgeva alla sua governante (“Presto, presto, presto... Le mie bambole aspettano”), in cui una serie di provocanti giovani odalische aspettano di entrare in una luminosa stanza dei giochi. È un'immagine che, da sola, rappresenta già una perfetta sintesi delle atmosfere cercate dall'artista nelle sue opere, scene teatrali che ondeggiano tra la fiaba ammantata di magia e paura e la scoperta del corpo e della passione da parte di immaginari personaggi puri e autorevoli. Alla Mitteleuropa di inizio ’900 riportano poi alcuni oli del ciclo dei treni con coppie di donne che si fronteggiano accomodate nelle eleganti carrozze di un Orient-Express immaginario ma ricreato partendo dai frequenti viaggi fatti da piccola insieme all'inseparabile e amatissima madre Malvina.

All’obitorio
Trieste ritorna anche nei testi del catalogo firmati da Alyce Mahon e Richard Overstreet, pubblicazione che accompagna la mostra. La storica dell'arte americana e il responsabile dell'Archivio Leonor Fini di Parigi sottolineano alcuni momenti cruciali della giovane artista nella nostra città degli anni Venti. L'episodio della visita in uno dei posti più macabri e proibiti, l'obitorio attiguo all'Ospedale Maggiore, per osservare i corpi nudi e poi dipingerli, assume, in questa occasione americana, un particolare senso di iniziazione e di scoperta per una pittrice autodidatta. Vengono sottolineate anche le letture del periodo: i libri di Freud e di Jung, rigorosamente in tedesco, che Leonor legge su consiglio del fraterno amico Arturo Nathan e di nascosto dallo zio avvocato Ernesto Braun.
Ma c'è un po' di Trieste anche nel sontuoso armadio antropomorfo che accoglie i visitatori all'entrata della mostra: le piumate figure femminili, dalle folte e svolazzanti capigliature che diventano nuvole, del mobile disegnato dall'artista alla fine degli anni Trenta in perfetto gusto surrealista sono parenti di altri oggetti e arredi bizzarri e sensazionali creati qualche tempo prima a Parigi per il concittadino Leo Castelli, amico di tintarella e dei bagni di mare nell'Adriatico della giovinezza.
Vip e fan
Se questa esibizione è la prima esauriente retrospettiva dedicata negli Stati Uniti a Leonor Fini, l'interesse del mondo dell'arte nordamericano per la pittrice triestina non è invece cosa nuova: le gallerie Weinstein di San Francisco e CFM di New York sono da anni proprietarie di alcune delle sue maggiori opere mentre numerosi sono i personaggi del mondo dello spettacolo e della moda che si sono appassionati a lei.
A cominciare da Madonna che ha realizzato negli anni Novanta il videoclip della canzone “Bedtime Story” citando, insieme ad altri quadri di autori legati al Surrealismo e all'arte fantastica, due tele di Leonor: “Le bout du monde” del 1948, uno dei più celebri autoritratti della Fini trasfigurato in chiave mitologica, e “L'amitié” del 1958, in cui una fanciulla riposa con la testa abbandonata sul grembo di una morte protettiva, un quadro di proprietà dell'attrice Valentina Cortese, grande amica di Leonor. Per arrivare a Johnny Depp che per la sua casa di Los Angeles ha speso più di cinquecentomila dollari nell'acquisto di tre quadri della pittrice comprati in una galleria di Manhattan.
Richard Overstreet, che sta lavorando da dodici anni con Neil Zukerman al monumentale catalogo ragionato di Leonor che uscirà finalmente quest'anno in due volumi per l'editore svizzero Scheidegger & Spiess, parla così dell'artista: «La sua ispirazione scaturiva dalle chimere domestiche della sua immaginazione e la sua visione era in gran parte basata sull'appassionato incessante dialogo con gli artisti del Rinascimento che la stimolavano molto. Il trionfo del sé era la sua forza guida, come anche la glorificazione dell'artificialità. Da questo punto di vista era decisamente manierista». —
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