L’eccentrica danzatrice del ventre che tradusse Svevo per gli inglesi

Sul Piccololibri la storia di Beryl de Zoëte, il ricordo di Giuseppe Grezar la mostra “Sconfinaments” e il serial killer vintage che uccideva i vetturini
Arianna Boria



È una ballerina poliglotta, esperta in danze esotiche, cui non disdegnava di ricorrere, ormai nella terza età, per rimorchiare uomini più giovani, l’eccentrica inglese per vari decenni incontrastata traduttrice di Italo Svevo. Beryl Drusilla de Zoëte (1879-1962), londinese con radici olandesi per parte di padre, frequentatrice del Circolo di Bloomsbury col primo marito (che le consentì, non a lungo, di aggiungere un cognome come de Sélincourt a un nome già impegnativo), dopo una laurea a Oxford, cominciò a occuparsi di traduzione e a scrivere saggi, scoprendo al tempo stesso la danza.

Ricchissima ma frugale, vorace a tavola come negli amori e piuttosto propensa a mettere tende nelle case altrui quando invitata per un semplice week end, Beryl scoprì Svevo, e se ne innamorò, durante un viaggio in Italia. Nel 1929 in un saggio uscito su “Nation and Athenaeum”, definiva lo scrittore triestino “il più vicino parallelo intellettuale di Buster Keaton”. Tradusse per conto suo “Una burla riuscita”, quindi si decise a contattare la vedova di Svevo, Livia Veneziani, per proporle la versione inglese de “La coscienza di Zeno”. Livia partì per Londra per andare a conoscerla e le due donne si accordarono prima per una tiratura di mille copie di “The hoax”, la burla, poi per “Confessions of Zeno”, che uscì sul mercato inglese nel 1930, seguito da “As a man grows older”, Senilità. Per decenni le traduzioni dell’inquieta Beryl furono le uniche disponibili di Svevo in lingua inglese. Anzi, quasi novant’anni dopo, nel 2018, le edizioni Riverrun di Londra scelsero proprio la scorrevole e godibile traduzione di Beryl de Zoëte per la Coscienza, con una prefazione di Michael Hofmann, preferendola ad altre più filologiche.

La ballerina Beryl, che firmò anche testi su danze polinesiane tuttora molto apprezzati in ambito coreutico, è uno dei personaggi del Piccololibri che esce domani, con le consuete sette pagine dedicate alla cultura e ai personaggi della regione all’interno di Tuttolibri della Stampa.

Per restare in tema di scrittori l’apertura dello sfoglio si occupa del poemetto satirico “The Holy Office” (il Sant’Uffizio) che James Joyce scrisse a Dublino nell’agosto 1904, pochi mesi prima di arrivare a Trieste insieme a Nora. Finora si credeva che l’opera fosse stata stampata a Pola, mentre una copia conservata alla Cornell Joyce Collection di Ithaka, nello Stato di New York, riporta l’etichetta “L. Smolars” e un’annotazione di stamparne cento copie. È probabile che queste siano uscite, nel 1905, dal piccolo stabilimento tipografico aperto in via San Lazzaro nel 1896 da Ludovico Smolars, il fondatore della cartoleria. “The Holy Office” per i tipi di Smolars, primo stampatore della prima opera di James Joyce, è una rarità e raggiunge prezzi molto alti sul mercato librario.

La scoperta porta la firma di Elisa Susmel e Fulvio Rogantin, che col progetto CitiesOfJoyce.com stanno mappando tutti i luoghi dello scrittore irlandese, al cui elenco si aggiunge ora la tipografia Smolars, che, negli anni ’40, stampò anche le lezioni di inglese radiotrasmesse del professor Stanislaus Joyce dell’Università di Trieste.

Un altro degli approfondimenti dello sfoglio ricorda, a settantadue anni dalla tragedia di Superga, i calciatori Giuseppe Grezar ed Ezio Loik, il primo triestino, il secondo nato a Fiume durante la Reggenza italiana del Carnaro, che morirono con il resto della squadra del Grande Torino il 4 maggio 1949, nello schianto del bimotore su cui rientravano dopo una trasferta a Lisbona. Tra i rottami del velivolo, sparpagliati sul colle di Superga, valigie squarciate, effetti personali, scarpe, indumenti, un pneumatico che bruciava ancora a ventiquattr’ore dall’incidente, come racconterà Dino Buzzati inviato del Corriere della Sera. Riparata da un cespuglio viene ritrovata una bambolina, poco distante da quel che resta del bagaglio di Giuseppe Grezar. Era il regalo che papà Pino aveva comprato a Lisbona per la figlioletta Ardea.

Le pagine centrali dell’inserto raccontano il percorso della mostra “Sconfinaments” tra San Vito al Tagliamento e Gradisca, che espone le opere di arte contemporanea raccolte da Federico Rossi “Ai Colonos” di Villacaccia di Lestizza, tra cui una cinquantina di importanti firme della regione. Infine, un’intervista allo scrittore Martin Pollack e un “old case” che ricostruisce, dalle colonne del Piccolo, il mistero del serial killer dei vetturini nel 1907. —

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