Le Dame di Piero per la prima volta tutte insieme

MILANO. Tutte quattro insieme, non si erano viste mai. Nemmeno al tempo in cui sono vissute. Adesso sono arrivate per la loro prima riunione dagli Uffizi di Firenze, dalla Gemäldegalerie di Berlino, dal Metropolitan Museum of Art di New York, tutte e tre a rendere omaggio alla loro omonima già alloggiata nel Museo Poldi Pezzoli di Milano, certamente la più bella e la più nota: la "Dama del Pollaiolo" senza aggiunte. Celebre più della "Dama dell'ermellino" di Leonardo, tanto che è stata scelta come "madrina" dell'Expo universale 2015, assieme ai maggiori tesori dell'arte milanese.
La mostra "Le dame dei Pollaiolo" in atto al Poldi Pezzoli fino al 16 febbraio 2015, curata da Andrea di Lorenzo, Aldo Gilli e Annalisa Zanni, è un unicum e pone finalmente la giusta attenzione sui fratelli Antonio e Piero Benci, detti "del Pollaiolo" (in quanto figli di un venditore di pollame al Mercato Vecchio di Firenze).
Tutte le "Dame" sono opere di Piero. Accertate. I fratelli Benci erano sei: Antonio, Silvestro, Giovanni, Piero e due ragazze, Agnola e Cosa, delle quali ovviamente si sa poco. Dei maschi, a continuare l'attività del padre e del nonno (pollaioli) fu solo Giovanni.
Artisti gli altri, sia pur con diverse inclinazioni: pittore Piero, orafi Silvestro e Antonio. Però quest'ultimo fu anche scultore e pittore, intagliatore e disegnatore di grandissima fama, protetto dai Medici e dalle grandi famiglie fiorentine poi, trasferitosi a Roma, artista presso la corte pontificia.
La bottega fiorentina di Antonio, nella centralissima via Vacchereccia, era un punto di riferimento anche per la vita mondana della città. Antonio era divenuto ricchissimo, si sposò due volte, ebbe figli dalle due mogli.
A un certo punto comperò una casa grande e vi portò a vivere tutti i componenti della sua famiglia, il padre pollivendolo, la madre, le mogli, i fratelli, le cognate e i nipoti. Anche Piero, naturalmente, benché questi, che non si sposò mai, per un certo periodo visse altrove solitario con la madre. Piero teneva separato pure lo studio (una "chasetta" non distante). Tuttavia è Piero quello che raggiunse fama duratura.Quasi tutta la sterminata produzione orafa di Antonio, infatti, è andata perduta. Le opere di Piero sono rimaste. E le quattro "Dame", tempera e olio su tavola, sono sue.
In un primo tempo si era insinuato che le opre raffigurassero una sola modella ma, a contraddire ciò, oltre ad alcuni tratti come il naso e la bocca, basterebbe il disegno delle orecchie, indice infallibile quanto una impronta digitale. Una analogia si sarebbe potuta stabilire tra la Dama del Poldi Pezzoli e quella di Berlino, dove la prima potrebbe essere un ritratto quasi adolescenziale della seconda che, per acconciatura e vesti più muliebri, parrebbe oramai sposa.
Ma il conto non torna: la data del ritratto di Berlino (1465) anticipa quello di Milano di 5/10 anni (1470/75). Il minimo comun denominatore dei quattro dipinti sta dunque nella uniformità di abiti, acconciature e posa: tutte di profilo, tutte rivolte a sinistra, tutte con la stessa fissa posizione (elemento quasi protocollare per l'epoca: pensiamo ai Pisanello, Baldovinetti, Domenico Veneziano, Verrocchio..).
Tuttavia, benché la compostezza, le splendide vesti di broccato e i ricercati monili rivelino un comune ceto sociale elevato, le Dame mantengono il loro anonimato. In tanti si sono sbizzarriti e lambiccati invano sulla loro identità, come è avvenuto per altri famosi ritratti dell'epoca, a cominciare dalla Gioconda leonardesca. Il fatto non è così importante: nessuno di noi potrebbe comunque riscontrarne la somiglianza con l'eventuale originale. Ma il fascino del mistero rimane: chi erano le quattro Dame?
Sono dunque le quattro Dame l'attrazione della mostra milanese, sostenuta dalla Fondazione Bracco, che promuove anche due importanti dibattiti sulla tecnologia e la moda del Quattrocento attraverso i ritratti dei Pollaiolo. Ma la mostra non è soltanto le "Quattro Dame". Dipinti, disegni, sculture, incisioni, oreficerie e oggetti d'arte applicata illustrano la fiorente attività delle botteghe fiorentine dei fratelli del Pollaiolo, rendendo il dovuto soprattutto ad Antonio, artista eclettico capace di esprimere la sua straordinaria fantasia in ogni tecnica. Ci sono, nella mostra, stupendi disegni a penna con acquerellature marroni, tracce di matita nera su carta bianca (Allegoria della Carità), incisioni su rame (Battaglia dei dieci nudi), argenti incisi, sbalzati e fusi, smalti traslucidi (Croce), terracotte (Busto di giovane in armatura da parata), ricami in seta e filo d'oro (Arresto del Battista dai Ricami per il parato di san Giovanni su disegno di Antonio), bronzi (Ercole in riposo) e, in gesso nero, il Progetto per un monumento equestre a Francesco Sforza. Tutto firmato Antonio.
Di Piero, si potrebbe dire, c'è poco. Ma è quanto basta: due tempere, due carboncini… e le Quattro Dame.
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