Le ceramiche di Leonor spiegate al Magazzino 26 da Maria Grazia Spirito

Trieste



Prodotte nel 1951 dalla Società Ceramica Italiana-S.C.I. di Laveno-Mombello (Varese), le porcellane e le terraglie forti con i decori tratti da disegni di Leonor Fini, non compaiono in nessuno dei numerosi cataloghi e libri d’arte dedicati alla pittrice. Un corpus di una trentina di pezzi è invece esposto, accanto a bozzetti appartenenti al catalogo della S.C.I. e a riviste d’epoca del settore, nella mostra “Leonor Fini. Memorie triestine”, visitabile al Magazzino 26 del Porto Vecchio fino al 22 agosto.

Domani alle 18.30 la creatività di Leonor Fini per la storica fabbrica, fondata nel 1956 e fusasi con la Richard-Ginori nel 1965, sarà oggetto del secondo incontro collaterale della rassegna. La curatrice Marianna Accerboni intervisterà Maria Grazia Spirito, già conservatrice del MIDeC-Museo Internazionale del Design Ceramico, che illustrerà le rarissime e preziose ceramiche, la loro storia e quella del MIDeC, che ne ospita alcuni esemplari, a cui Leonor Fini dedicò quattro soggetti: quello, molto amato dei gatti, rielaborato per alludere al gioco degli scacchi; quindi le maschere, che richiamano i travestimenti di Leonor bambina; la sfinge (la pittrice veniva fotografata spesso a cavalcioni di quella del porticciolo di Miramare), i pagliacci.

La maggior parte dei decori è inserita in vasellame dalle forme particolari e ricercate, ideate dall’architetto triestino Guido Andloviz, che dal 1927 alla fine degli anni ‘50 fu direttore di produzione della S.C.I. e designer dallo spirito molto innovativo e apprezzato. —

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