L’amicizia secondo La Cecla sui social è solo un surrogato



Non si ratifica davanti a un’autorità ma costruisce legami forti, può durare anni o solo pochi mesi, tutti la praticano a ogni età della vita ma è difficile da definire. È l’amicizia, concetto apparentemente chiaro ma a ben guardare inafferrabile. L’antropologo Franco La Cecla con il suo ‘Essere amici’ (Einaudi, 124 pagg., 12 euro) si propone di indagare questo sentimento universale, comune agli uomini come agli animali e che ogni società declina in diverse accezioni. «Tre sono i tipi di persone da avere come amici - raccomandava nel XIII secolo il giapponese Kenko - quelli che fanno regali, i medici, gli uomini saggi»; all’utilitarismo di Kenko risponde la tribù amazzonica dei Tupi, dove è consuetudine che tra amici si pratichi senza gelosia lo scambio di coppia.

Su cosa si fonda un’amicizia? Noi siamo abituati a pensare all’amico come a una persona che è simile a noi, con la quale condividere gusti e interessi e un modo fraterno di guardare il mondo. Anche avere gli stessi nemici, diceva Derrida, è un modo per sentirsi amici. Capirsi non è importante, anzi, esiste qualcosa di simile a un’arte del non capirsi: un’arte dell’incontro che non necessita di idee chiare e distinte. La bravura è fare finta di niente, capire che ci sono zone dell’altro che è meglio non esplorare, suggerisce La Cecla, riprendendo quanto scritto nel suo saggio ‘Il malinteso’, laddove affermava che intendersi è tutt’altro che facile. «Ma non ci si preoccupi, anzi, si rivaluti il ruolo del malinteso, perché il malinteso serve proprio a far venire fuori il diverso da noi, l’altro, lo straniero».

Tra le riflessioni più stimolanti dell’antropologo siciliano va annoverata quella che considera come l’amicizia sia alla base della democrazia occidentale. Un concetto nato nella Grecia classica, dove si concepiva l’amicizia come un patto stretto tra persone libere allo scopo di costruire una società volta al bene comune. Noi scegliamo ancora liberamente, senza vincoli di clan o famiglia, le persone con cui passiamo il nostro tempo più ambito, quello della piacevolezza. Ma far risiedere su un concetto volatile come l’amicizia il suo patto fondativo è anche la causa della fragilità della democrazia contemporanea, perché l’amicizia è revocabile in ogni momento, nasce e si affievolisce come l’amore, anche se a differenza di questo non necessita di un contratto stipulato davanti al prete o al sindaco.

All’interno del perimetro che l’amicizia disegna sono tollerati comportamenti scorretti: tra amici ci si prende in giro, ci si attacca, si arriva a offendersi, tutto fa parte di quella che per il filosofo francese Levinas è una evasione salvifica dal mondo, perché ci libera dall’essere concentrati solo sul nostro essere. Per Levinas e per la pattuglia di filosofi contemporanei come Foucault, Deleuze, Guattari e Derrida, l’amicizia è parte preponderante dell’arte di vivere. Niente a che vedere con le amicizie strette sui social, al cui proposito La Cecla ha parole dure e preoccupate. Essere amici su Facebook significa prendere un surrogato e rimandare la vita vera. Peggio, pensare che basti un like per diventare amici significa ridurre l’amicizia a gossip, e trattandola come merce cancellarne l’autenticità, mettendo in pericolo il futuro delle nostre democrazie. —



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