L’agiografia in vita di Elton John dai tanti eccessi al successo

Non ce ne siamo quasi accorti, ma abbiamo assistito alla nascita di un nuovo genere: un punto di incontro tra musical e biopic, un “wiki-karaoke” destinato soprattutto a un pubblico di fan, che dei loro idoli musicali, band o solisti che siano, vogliono più che altro assistere a una celebrazione, ripercorrerne le tappe del successo e magari riascoltare (e cantare!) le canzoni. Solo un paio di mesi fa, all’uscita di “Bohemian Rhapsody” (uno dei film in assoluto più visti in Italia nonostante la sua mediocrità), gli esercenti hanno finalmente preso una boccata di ossigeno approfittando di un “fenomeno Queen”, inaspettato nelle proporzioni, che ha trascinato in sala oltre quattro milioni di spettatori. Qualcuno forse ricorderà che, durante le riprese, il regista Bryan Singer dovette improvvisamente abbandonare il set, travolto da uno scandalo per molestie sessuali. Era stato Dexter Fletcher, allora, a portare a termine la lavorazione del film, ed è sempre Dexter Fletcher, oggi, a firmare la regia di “Rocketman”. E si vede. Il parallelo tra le due pellicole (e le prossime che di sicuro verranno) è inevitabile. In “Rocketman”, Fletcher riprende quasi pedissequamente lo stile e il “sapore” del precedente film. Siamo di nuovo in Gran Bretagna e la strada per il successo è ancora lunga per il piccolo Reginald Dwight, ragazzino timido e goffo, talento luminoso del pianoforte che oggi conosciamo con il nome di Sir Elton John. Si parte da una cornice narrativa, con il cantante all’apice del successo che ripercorre in flashback le tappe fondamentali della sua vita e carriera durante un incontro di alcolisti anonimi. Una seduta di autoanalisi, insomma, che passa dai traumi dell’infanzia in una famiglia di anaffettivi patologici all’incontro decisivo con Bernie Taupin (il sempre eccellente Jamie Bell), amico fraterno e paroliere con cui dividere vita e successi, dai primi concerti nei club, agli stadi, i dischi d’oro e l’inevitabile crisi. Anche qui, come in “Bohemian Rhapsody”, si affronta il tema dell’omosessualità, in maniera stavolta più convincente e disinibita, così come emergono con più nitidezza luci e ombre del successo, con le inevitabili solitudini che si porta dietro. Contribuisce positivamente anche la performance attoriale di Taron Egerton (forse un po’ troppo bello), che si concede generosamente all’eccesso e avvicina al personaggio, alle sue fragilità, al suo incontrollato bisogno d’amore. Si spinge parecchio sul fronte sentimentale, più che sul genio artistico, il tormento o su quel lato eccentrico ridotto alla stravaganza di occhiali e vestiti. Ma poi c’è la musica (riarrangiata e performata da Egerton) e quella va sempre a segno toccando il cuore, così come i titoli di coda, con le foto del cantante assieme a marito e figli che fanno inevitabilmente scappare la lacrima. “Rocketman” è un film furbissimo che vuole piacere a tutti i costi e piacerà. Un’agiografia in vita che non instilla dubbi ma celebra ossequiosamente, senza deviazioni né affondi, sempre equidistante dagli eventi. Si ride e si piange a comando, ma vede piacevolmente e, in fondo, non ha neppure la pretesa di essere più di ciò che è: una luccicante Elton John Rhapsody. Per tutti.
Rocketman di Dexter Fletcher
con Taron Egerton, Jamie Bell, Richard Madden
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