“La vita di Sergio”, il bimbo che dalla Risiera finì vittima degli esperimenti di Josef Mengele

Esce oggi il libro pubblicato da Rizzoli scritto in base alla testimonianza delle cugine sopravvissute Andra e Tatiana Bucci



«Se volete raggiungere le vostre mamme, fate un passo avanti»: l’uomo in camice bianco ha una voce suadente. Sergio esita, le sue cugine gli hanno detto, la sera prima, di non farlo, ma lui vuole vedere la mamma; altri suoi compagni accettano, quando lo fa anche Mania, che gli è molto simpatica, lui la segue. È il momento culminante della breve esistenza di Sergio De Simone, raccontata nel libro “La vita di Sergio” di Andra e Tatiana Bucci con Alessandra Viola (Rizzoli, pagg. 160, euro 14,90), da oggi nelle libreria. L’appello si svolge nel Kinderbloch di Auschwitz dove Sergio, Andra e Tati erano arrivati il 4 aprile del ’44 da Fiume. Sergio è uno dei venti bambini selezionati da Josef Mengele per i suoi terribili esperimenti medici. È una delle storie più atroci nell’atrocità della Shoah, perché sono protagonisti venti innocenti ingannati nel modo più vile. Gli hanno detto che vedranno le loro mamme invece finiscono all’inferno, nelle mani di un medico, Kurt Heissmeyer, che li torturerà nella scuola di Amburgo, Bullenhuser Damm, iniettando loro il bacillo della tubercolosi per sperimentare delle cure che non troverà. Esperimenti aberranti che si riveleranno inutili visto che Heissmeyer è un medico mediocre, e le sue teorie erano già state smentite a livello scientifico. Per far perdere le tracce dell’orrore, i venti bambini saranno impiccati ai ganci da macellaio e i loro corpi eliminati nei forni, pochi giorni prima della liberazione della città.

La vicenda viene ricostruita in questo libro, che commuove senza però cedere al pietismo, sulla base delle testimonianze di Andra e Tatiana Bucci, le cugine di Sergio, che si sono salvate grazie a una blokova, una guardiana, che le aveva messe in guardia di non muoversi, ma che si portano dentro il peso di quella esperienza. Ed esse si aggiungono atti processuali, cartelle cliniche, deposizioni di ex deportati e reperti archivistici. Il tutto elaborato da Alessandra Viola, giornalista e scrittrice, che utilizza un linguaggio semplice ed efficace, adatto ai bambini.

La terribile vicenda rischiava di restare sepolta se un coraggioso giornalista tedesco, Günter Schwarberg, insieme alla moglie Barbara, non l’avesse resa nota con una serie di articoli sul quotidiano “Stern” negli anni Settanta, dai quali emerse che il processo “Curio-Haus”, celebrato nel 1946, aveva portato alla luce i fatti di Bullenhuser Damm, condannando alcuni dei responsabili, ma non Heissmayer. Malgrado i servizi segreti tedeschi fossero a conoscenza delle sperimentazioni condotte, lui aveva potuto prosegure la sua attività indisturbato dopo la guerra come medico “esperto” in malattie polmonari. Venne arrestato appena nel 1963 e condannato a morte nel ’66 per crimini contro l’umanità. Morì in carcere nel ’67.

E appena nel 1979 fu organizzata la prima commemorazione voluta da Günter Schwarberg. Il giornalista aveva scritto più volte a Gisella Perlow, la mamma di Sergio De Simone, salvatasi insieme alla sorella Mira, mamma di Andra e Tati, ma lei non aveva aperto quelle lettere scritte in tedesco. Era sicura che Sergio sarebbe ritornato. Diceva: “Un bambino così bello lo avrà adottato qualche famiglia”. Non si rassegnò o forse non lo fece capire neanche quando partecipò nel 1984 alla cerimonia commemorativa ad Amburgo. Morì due anni dopo.

Il libro si divide in due parti: nella prima il racconto della tragedia vissuta dai venti innocenti; nella seconda i riferimenti storici, le notizie sui bambini, le testimonianze e l’attività dell’associazione “Sergio De Simone” fondata dal fratello Mario, nato dopo la guerra. In Germania esiste anche un’associazione “I bambini di Bullenhuser Damm” e sono state intitolati loro strade, scuole e giardini di Amburgo. Sergio De Simone è ricordato anche a Trieste con l’intitolazione del piazzale a lato della Risiera di San Sabba, dove insieme alle cugine e agli altri membri della famiglia Parlow fu imprigionato prima di salire sul carro bestiame che l’avrebbe portato ad Auschwitz. Ad Andra e Tati Bucci sarà consegnata venerdì la laurea honoris causa, all’apertura dell’Anno Accademico dell’ateneo triestino. —



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