La visionaria Burdekin e l’incubo inglese sulla supremazia tedesca dell’Europa



Nell'era della pandemia, in cui è difficile immaginare il futuro, molte case editrici propongono romanzi distopici. “La notte della svastica” di Katharine Burdekin, viene ora felicemente riscoperto e pubblicato da Sellerio (traduzione di Alfonso Geraci, pp. 323, euro 15) con una interessante postfazione di Domenico Gallo.

Mentre in Germania Adolf Hitler si proclama Führer, in Cornovaglia una donna osservava come si sta trasformando la società tedesca. È una femminista inglese con doti profetiche e ha già scritto romanzi fantascientifici come “Proud Man” (1934) in cui marziani ermafroditi arrivano a Londra per ridicolizzare l'egemonia maschile britannica. Ma è nel 1937 (ben due anni prima dell'inizio del Secondo conflitto mondiale) che Katharine Burdekin (1896-1963) scrive il suo romanzo più visionario, “La notte della svastica”.

È un'antifascista e, per evitare ritorsioni dalle camice nere inglesi, si nasconde dietro allo pseudonimo Murray Constantine. Il romanzo è ambientato attorno al 2700 in un mondo brutale dove ha trionfato il nazismo. L'impero tedesco, che s'è spartito il dominio della terra con i giapponesi, è retto da un Führer e governato da Cavalieri scelti tra i grandi latifondisti. Ad eccezione dei tedeschi nazisti, le genti assoggettate, cristiani compresi, sono prive di diritti. Gli ebrei non esistono più da secoli. Le donne sono considerate alla stregua di animali.

Con un'idea che anticipa romanzi bio-politici come “Il racconto dell'ancella” di Margareth Atwood, le donne sono segregate in appositi ghetti, ridotte alla schiavitù e tollerate a fini riproduttivi. Di contro è accettata l'omosessualità maschile. L'impero ha carattere teocratico. Hitler è stato trasformato in un dio mitologico, “non nato da grembo di donna, ma esploso dalla testa del padre suo, Dio del Tuono”.

La nuova religione ha imposto l’oblio di scienze e tecnologie, arti, letterature e filosofie. Una furia iconoclasta ha cancellato ogni memoria del passato. Non esistono più libri, perché – a parte la Bibbia di Hitler - son stati tutti bruciati.

La Burdekin vede insomma già sia la società ipotizzata da Orwell in “1984” in cui è stata abolita la Storia, che i roghi di Ray Bradbury, ma soprattutto anticipa lo scenario di una possibile invasione tedesca, ovvero l'incubo che terrorizza gli inglesi, dalla Battaglia d'Inghilterra del 1940 al referendum per la Brexit. È nell'ordine delle cose, quindi, che il protagonista del romanzo, Alfred, sia un valoroso tecnico meccanico inglese capace di leggere e scrivere. A lui un eccentrico Cavaliere germanico illuminato affiderà il compito di custodire gli unici reperti superstiti della memoria storica del mondo: un antico manoscritto e una foto. Riuscirà Alfred a fermare il processo di distruzione del pensiero e delle identità personali? Riuscirà a gettare il seme della rivolta e della rinascita?

Spesso in Inghilterra, romanzi di fantapolitica che descrivono l'apocalittico scenario d'una Gran Bretagna sconfitta e occupata dai nazisti, diventano best-seller e finiscono sul grande schermo: come “SS-GB” di Len Deighton, “Fatherland” di Robert Harris, “Resistance” di Owen Sheers o “Dominion” di C.J. Sansom. Questi popolari romanzi trasmettono al lettore inglese il messaggio che la Ue è una copertura per la Germania che vorrebbe unire sotto la sua egemonia l'intera Europa. Non a caso l'ineffabile Boris Johnson, in un articolo del 2016 per il Daily Telegraph, sostenne che la Ue è “un progetto hitleriano”. Resta comunque stupefacente la precoce comprensione di Katharine Burdekin del legame strutturale esistente tra totalitarismo e misticismo irrazionale, tra biologia e potere, tra violenza e sessualità, ma anche la sua dura denuncia d'una società misogina che nelle donne vede solo fattrici di carne da macello. —

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