“La Verità” è un doppio rap su Trieste
Esce l’album di Orly Sad e Jay Rah: «È la storia attraverso gli occhi di un ragazzo che vive in città»

Esce «La Verità», album che vede la firma dei due rapper triestini Orly Sad e Jay Rah. Joel Ambrosino, in arte Jay Rah, classe ’93, nel 2015 sforna il tormentone «Mani Troppo Grandi» (che cita Saba: «Trieste piace ma è come un ragazzo aspro e vorace con i capelli biondi e gli occhi azzurri, le mani troppo grandi per regalare un fiore»). Il brano fa breccia anche su un nome storico dell’hip hop cittadino: Orlando “Orly Sad” Sanna (classe ’78, vanta collaborazioni con Fabri Fibra e Nesli) che decide di produrre, con la sua etichetta Originalfunkster inc., un cd a quattro mani con il giovane talento. Spiega Orly Sad: «Credo ci siano le carte per arrivare a livello nazionale, è rap di strada, il sound è influenzato dal modern funk che ho scoperto soprattutto viaggiando e vivendo un periodo in California, dove ho sentito cose che qui arrivano cinque o dieci anni dopo. L’album è diviso in due volumi, ha diverse sfaccettature e quindi può avere diversi target, dal ragazzino alle prime armi che è attratto dalla tecnica del rap, al musicista attratto dai virtuosismi del sassofono o gli assolo di chitarra al dj incuriosito dalle tecniche di scratch».
Il titolo?
«Non vuole essere la verità assoluta, è la storia attraverso gli occhi di un ragazzo di Trieste che racconta ciò che vede e ciò che sente».
Gli ospiti?
«Angelo Chiocca, sassofonista molto conosciuto nell’ambiente jazz, abbiamo trovato un punto comune nella musica funky, da lì è nata una nuova versione di “Mani troppo grandi (Trieste piace)” con un’impronta più jazz che può arrivare anche ad un ascoltatore non prettamente hip hop. Ci sono poi le voci di Denise, in un pezzo dal respiro radiofonico e di Miss Cate, la chitarra di Peter Pahor, ci sono brani hip hop da battaglia con ospiti come il giovane Nagana/Vagoment, il francese Walter G, il venezuelano Dominic, Jeserlen “TML” Valencia conosciuto anche per aver girato il video di “Mani troppo grandi”, dj Kobex, dj Cue. Il triestino Luke M.R.E.U.X., uno dei più grandi produttori dance con il suo studio Badroom, mi ha aiutato a capire come devono uscire certi suoni».
E Trieste?
«È una delle migliori città d’Italia. Sta cambiando, e chi frequenta solo il centro (e Barcola d’estate), non ha il polso dei veri mutamenti. Il punto di vista di chi vive a Rozzol Melara o Borgo San Sergio è diverso da quello di chi vive la “movida” triestina».
Cavana non è Ponziana insomma?
«Esatto. Io sono nato e cresciuto a Melara, lì non c’è mai stato nessun investimento. Eppure è cuore pulsante di gente».
La verità sta in periferia?
«Ci sono alcune verità. E storia. La prima ondata di hip hop e di graffiti è nata a Melara. Io come
writer
ho avuto alcune commissioni, c’è stata interazione con le persone che vivono lì. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta c’erano gli skaters, c’era chi cominciava ad usare il microfono, frequentavo Seca Sek che ha sperimentato un tipo di rap nuovo e con dj Cue ha fondato L300 un progetto tra i più riusciti nell’underground italiano a detta anche di nomi autorevoli. Ho collaborato con Al Castellana, bazzicavo nel suo studio…».
E poi Fabri Fibra… Di recente, in Porto Vecchio per realizzare il videoclip della hit estiva “Pamplona”, ha ricordato i tempi lontani in cui era suo ospite a Melara.
«Da me a Melara era venuto molte volte, sarà stato il ’97-’98. E io d’estate andavo da lui e da suo fratello Nesli a Senigallia, eravamo una crew. Compaio anche nel video di “Applausi per Fibra”. Ci siamo persi di vista nel periodo in cui ero a Milano per finire gli studi alla Sae, la scuola per ingegnere del suono, in quel momento lui aveva appena firmato il contratto con la Universal, andavo a casa sua e vedevo il suo calendario riempirsi di interviste e impegni, a quel punto, pur abitando nella stessa via, non ci siamo più visti».
Ai tempi di Melara immaginava che Fibra avrebbe avuto successo?
«Sinceramente sì, fin dall’inizio si capiva che aveva qualcosa di diverso dagli altri. E poi ho avuto la conferma a Milano, quando lui non usciva il sabato sera ma stava chiuso a casa a scrivere, è stato l’uomo giusto al momento giusto, ha fatto la gavetta e non ha mollato».
“Mai mollare” è il titolo di un brano incluso ne “La verità”.
«La costanza è determinante. Ai giovani dico che anche quando si vedono dei risultati non bisogna dormire sugli allori, bisogna continuare a fare. Il rap non è un passatempo da fine settimana».
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