La topografia della Dublino di Joyce mappa della mente e del cuore

Chi avesse in programma un viaggio in Irlanda e nello specifico a Dublino, può munirsi di una guida della città molto particolare: “La Dublino di James Joyce” (Perrone editore, Roma, pp. 203, 15 euro). L'autore, Fabrizio Pasanisi, giornalista, autore televisivo, studioso di letteratura, traduttore e romanziere propone al lettore d'osservare, vivere, e percorre la città seguendo le orme di James Joyce, guidandolo per mano attraverso la città del passato e del presente. Il libro è diviso in una prima parte biografica e una seconda in cui ogni singola opera di Joyce diventa l'indicazione di un percorso. È infatti la Dublino d'inizio '900, paralizzata dal colonialismo britannico e dalla religione cattolica, a essere la protagonista della narrativa di Joyce. Nei suoi monologhi interiori la topografia della città diventa un luogo della mente, come dimostra l'evocazione dei nomi di strade, vie, ponti, parchi, quartieri, cartelloni pubblicitari, percorsi di tram, rotte di traghetti, elencati da Fabrizio Psanisi nella sua guida letteraria, che diventa strumentale alla ricostruzione poetica di quel mondo che lo scrittore irlandese aveva abbandonato nel 1904. Dopo quella data, Joyce tornò brevemente a Dublino solo tre volte e dal 1912 non vi fece più ritorno. Nondimeno (a parte il poemetto postumo Giacomo Joyce ambientato a Trieste), Joyce dedicò a Dublino ogni suo scritto: da Gente di Dublino ai romanzi Un ritratto dell'artista da giovane, Ulisse, e Finnegans Wake, molte poesie e il dramma Esuli.
Ambientato il 16 giugno del 1904 a Dublino, l'Ulisse venne di fatto scritto a Trieste, Zurigo e Parigi tra il 1914 ed il 1921. La conoscenza della città e le minuziose descrizioni fattene nel romanzo fecero asserire al suo autore che se la città fosse andata distrutta l'Ulisse ne avrebbe permesso l'identica riedificazione. La lontananza rese ancora più peculiare questo strano mimetismo tra Joyce e Dublino, anche perché in sua assenza la città stava attraversando radicali trasformazioni, sia dal punto di vista sociale che urbanistico. Nei giorni della rivolta del Lunedì di Pasqua del 1916, parte del centro venne distrutto e foto dell'epoca mostrano le macerie dell'area attorno a Sackville Street (oggi O'Connell Street) e al General Post Office, cuore e simbolo della rivolta. Quando il 2 febbraio 1922 a Parigi uscì la prima copia dell'Ulisse, la città descritta da Joyce esisteva in gran parte solo nella mente dell'esule che ne aveva fatto un mito, un feticcio, un luogo della memoria.
Quel mimetismo fu certo facilitato da una certa somiglianza tra le topografie di Trieste e di Dublino: entrambe città portuali, protette in un profondo golfo con le colline alle spalle, con canali e imponenti palazzi. La similitudine deve essere stata particolarmente evidente tra il 1905 e il 1920, gli anni in cui Joyce visse a Trieste, all'epoca sotto il dominio austriaco. E forse Trieste, con quel suo riecheggiare Dublino, facilitò davvero all'esule la compilazione della mappa ideale della sua città natale.
Il libro di Fabrizio Pasanisi non è pensato per un pubblico di specialisti, ma piuttosto per chi, incuriosito dalla fama di James Joyce vorrebbe avvicinarsi alla sua opera attraverso una guida sia turistica che letteraria, volta a spiegare e “rassicurare” possibili nuovi lettori. Sarebbe stato però auspicabile un approccio meno superficiale alle fonti biografiche e, se da una parte le indicazioni topografiche sono corrette, dall'altra la descrizione delle opere appare banalizzata e, soprattutto, resa inoffensiva. Di conseguenza si perde la dimensione provocatoria, ironica e dissacrante dei testi di Joyce, come la pluralità di possibili, molteplici letture, mai univoche, che ne hanno fatto ciò che Umberto Eco definì un''Opera Aperta'. Peccato infine che il volumetto non abbia mappe, che avrebbero facilitato il turista intelligente sulle tracce di Joyce. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo