La storia vera di Tony Driver “deportato” nella sua Puglia

VENEZIA. Pasquale Donatone, in arte Tony Driver, protagonista del film omonimo di Ascanio Petrini, girato tra Stati Uniti, Messico e Puglia, ha la faccia popolare di chi alla fine non ci sta e si ribella. Un miscuglio perfetto di ingenuità e di ostinazione che lo rende alla fine un loser simpatico pieno di buon cuore e sempre pronto al vaffa verso i potenti (su tutti Donald Trump). Questo il protagonista di 'Tony Driver', proposto dalla Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia, che mette in campo la storia vera di un antieroe.

Ma chi è davvero Tony Driver? All'anagrafe Pasquale Donatone, nato a Bari a metà degli anni ’60, a nove vola oltreoceano con la famiglia e cresce da vero americano. Per oltre quarant'anni non torna mai in Italia, fino a quando, ormai tassista di professione a Yuma, un blitz anti-immigrazione alla frontiera con il Messico lo costringe a scegliere: la galera in Arizona o la deportazione in Italia per dieci anni. Tony, responsabile di aver trasportato alcuni clandestini messicani sul suo taxi, decide di rientrare in Puglia e si ritrova a vivere, come un eremita, in una grotta a Polignano a Mare. Per quanto aiutato dalla vicina comunità, Tony resta di fatto un emarginato e guarda ormai all'Italia come un piccolo Paese immobile, senza opportunità e senza sogni.

«Quando ci siamo incontrati - spiega il regista - Tony viveva nel completo rifiuto di ogni cosa, come 'se la sua astronave fosse precipitata su un altro pianeta e lui fosse bloccato lì, tra rocce e acqua. Ho cominciato a filmarlo per conto mio ma presto mi sono reso conto che i paesaggi profondamente contraddittori della sua storia meritavano una restituzione visiva: doveva essere ambientata qui in Italia ma anche lì, in America».

«Il film - spiegano i selezionatori della Settimana della Critica - è l'epopea al contrario di un anti italiano che potrebbe essere una sceneggiatura dimenticata di Age e Scarpelli, un film mai fatto di Dino Risi o Ettore Scola. Una commedia all'italiana decostruita, amara e impossibile, un film fuori norma, impossibile da classificare sull'assoluta inutilità delle frontiere».



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