La storia di Roma nel fregio di Kentridge lungo il Tevere

ROMA. «Un modo per guardare alla storia, ma anche un inno all'ottimismo contro la realtà»: William Kentridge sorride mentre racconta lo slancio e la tenacia con cui per anni si è battuto contro gli...

ROMA. «Un modo per guardare alla storia, ma anche un inno all'ottimismo contro la realtà»: William Kentridge sorride mentre racconta lo slancio e la tenacia con cui per anni si è battuto contro gli ostacoli della burocrazia per realizzare il suo colossale progetto di recupero della memoria, un fregio lungo 550 metri che racconta sui muraglioni del Tevere, attraverso 80 figure alte più di dieci metri, miti e lamenti, trionfi e ferite della storia millenaria di Roma. L'occasione è l'anteprima mondiale a Roma, al Maxxi, del docufilm 'William Kentridge, Triumphs and Laments', diretto da Giovanni Troilo, che andrà in onda in prima serata su Sky Arte Hd venerdì 28 ottobre.

Il film prende le mosse dalla sua Johannesburg, «una città senza fiume e senza montagne, sviluppatasi lungo i filoni di ricerca dell'oro, che mi ha insegnato - racconta Kentridge - che non tutto in una città è visibile». Da qui la pulsione autobiografica a raccontare l'uomo universale attraverso il bianco e il nero, la luce e l'ombra, l'apartheid e la vita. Una spinta che lo porta a Roma dove, tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini, immagina una lunga processione di immagini, ottenute per sottrazione, tramite l'idropulitura del travertino lungo i fianchi del Tevere: l'urlo di Remo ucciso dal fratello Romolo, Cicerone, le opere del Bernini, Anna Magnani in Roma città aperta, Anita Ekberg nella Dolce Vita, Marcello Mastroianni, Giorgiana Masi, la morte di Pasolini, Moro. Accanto al fiume che scorre, testimone silenzioso dei millenni. Mentre Kentridge prepara la sua imponente opera di arte pubblica (finanziata tutta con capitali privati) - le sagome in stencil dei disegni che saranno poi pulite nei loro contorni con un vaporizzatore e le musiche che dovranno accompagnare l'inaugurazione - sullo schermo si alternano le immagini della 'grande bellezza’ della città, quasi «teatro stabilizzato della memoria collettiva», come la definisce Achille Bonito Oliva, ma anche di un contesto complicato, dalle difficoltà del Comune agli arresti di Mafia Capitale. A dispetto di tutto, l'artista va avanti, pur nella consapevolezza che quelle silhouette scure nel giro di pochi anni saranno inglobate di nuovo dalla materia biologica e dagli agenti atmosferici e dunque spariranno, lasciando però impressa nella memoria una rappresentazione spettacolare del legame profondo che lega passato e presente. A dispetto di tutto, l'artista va avanti, pur nella consapevolezza che quelle silhouette scure nel giro di pochi anni saranno inglobate di nuovo dalla materia biologica e dagli agenti atmosferici e dunque spariranno, lasciando però impressa nella memoria una rappresentazione spettacolare del legame tra passato e presente.

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