La sociologa Giannichedda: «Nelle proteste contro il Green pass anche la rabbia per le diseguaglianze»

La collaboratrice di Franca Basaglia all’ex Opp per la presentazione de “Le parole della medicina”

Giulia Basso

TRIESTE «Sono una persona che ha dovuto ricorrere a più riprese all’aiuto indispensabile della medicina e del servizio pubblico. Ma credo di essere qui anche grazie agli spazi di libertà, di decisione che mi sono stati consentiti e che ho salvaguardato, alla caparbietà di non delegare la mia vita, la mia malattia, il mio corpo ad altri». Sono le parole di Franca Ongaro, moglie di Franco Basaglia, in occasione del conferimento della laurea honoris causa a Sassari nel 2001.

È un testo inedito, contenuto nel libro “Salute/malattia. Le parole della medicina”, che nella sua versione rieditata per le Edizioni alpha beta Verlag di Merano a cura di Maria Grazia Giannichedda, raccoglie una serie di scritti di Franca Basaglia, in buona parte "voci" comparse nell’Enciclopedia Einaudi, che risalgono a trent’anni fa ma sono sorprendenti nella loro attualità, perché chiamano in causa il nostro rapporto con la malattia e con la medicina, su cui in quest’ultimo anno e mezzo in tanti ci siamo interrogati. Il libro sarà al centro dell’appuntamento di mercoledì 26 ottobre, alle 17.30, al teatro Franco e Franco Basaglia: è l’ultimo tassello del progetto Leggere per trasformare, che ha promosso conversazioni mensili attorno ai volumi della collana “180 - Archivio critico della salute mentale”.

L’incontro a più voci sarà un omaggio a Franca Ongaro Basaglia, attivista e senatrice dal 1984 al 1993, protagonista della riforma psichiatrica e sanitaria assieme al marito. La sua tesi di Sassari, dice la sociologa Maria Grazia Giannichedda, che è stata fra i loro più stretti collaboratori, ci dice (anche) di ciò che abbiamo provato nella pandemia, un senso di ambasce e impotenza di cui le proteste no Green Pass sono una conseguenza: «Siamo stati espropriati di ciò che stava accadendo e la medicina, nell’ipertrofia del parlare, ha messo in scena la sua falsa onnipotenza, puntualmente smentita, e il conflitto tra saperi. Le persone si sono trovate disorientate. E sono stati troppo pochi gli scienziati che hanno ammesso di essere alle prese con una situazione difficilissima, che anche loro cercavano di vivere e comprendere. Tra loro sicuramente il Nobel Giorgio Parisi, che stimava molto i Basaglia e il loro lavoro, oltre a dire dell’importanza della scienza e della necessità di valorizzarla, ha ammonito: “Guai alla scienza che si pone come onnipotente”».

La medicina però ci ha dato il vaccino...

«Sono contenta di aver fatto due dosi, e farò la terza, ma capisco che in chi rifiuta il vaccino c’è anche la paura di qualcosa che non capisce, la sfiducia in una medicina che oscilla tra onnipotenza e conflitto».

Come dovremmo rapportarci con i medici?

«Dovremmo imparare a trattare la nostra salute come qualcosa di non delegabile. Discutere con i medici, pretendere di conoscere cosa sta succedendo, valutare. Il consenso informato non è una firma dentro un modulo di cui non si capisce nulla. La persona è e rimane centrale».

In questa pandemia c’è stato qualche segnale di speranza in questo senso?

«Nel caso nostro, faccio parte del Coordinamento salute mentale, la speranza è venuta dalle persone. A fronte di tante strutture che chiudevano abbiamo assistito a cronache di resistenza da parte delle famiglie, lasciate sole. Le persone hanno reagito, cercando di non farsi travolgere dalla situazione drammatica. Come Franca ha insegnato».

Cosa si è sbagliato nella gestione pandemica?

«Nelle Rsa gli anziani sono morti come mosche, anche a causa di politiche sbagliate, che incoraggiano l’istituzionalizzazione. Abbiamo visto come la medicina del territorio sia scomparsa. È necessario correre ai ripari, cambiare l’assetto della medicina».

Cosa pensa delle proteste no Green pass a Trieste?

«Sono una minoranza di persone che in parte sono impaurite, in parte hanno un’idea del mondo che non condivido. Molte hanno polarizzato su un oggetto concreto, il Green pass, la rabbia per una situazione economica e sociale che ha favorito la crescita delle disuguaglianze. Ci saranno sempre persone che la pensano diversamente, ma con loro non c’è altra strada se non la discussione. La medicina dovrebbe lavorare meno sulla rappresentazione della propria onnipotenza e più sul coinvolgimento e convincimento».

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