La parabola di Ante Pavelić capo di Stato a suo insaputa e gli Usa stanno a guardare

Lo storico americano Robert B. McCormick ripercorre la storia degli Ustascia in un saggio pubblicato dalla Leg

la recensione



Capo dello Stato a sua insaputa. Ante Pavelić divenne Poglavnik della Croazia indipendente il 10 aprile 1941 quando i nazisti presero Zagabria con sorprendente facilità, salutati come liberatori da migliaia di persone entusiaste. Uno dei suoi principali collaboratori, Slavko Kvaternik, sollecitato dal rappresentante tedesco Edmund Vessenmayer, proclamò lo stato indipendente di Croazia in nome di Pavelić, che era in Italia e che “si stupì che ora il suo Paese fosse indipendente e sotto la sua guida” e arrivò a Zagabria tre giorni dopo. Il virgolettato è preso dal volume “Gli ustascia e la Croazia di Ante Pavelić – Il genocidio dimenticato di serbi, ebrei e rom nella seconda guerra mondiale” di Robert B. McCormick (Edizioni Leg, Gorizia 2018, pagg. 260, Euro 24,00).

L’autore è professore associato dell’Università della Carolina (Usa), ed è proprio lo sguardo americano che McCormick offre della vicenda croata e, più in generale jugoslava, a costituire l’aspetto più interessante di quest’opera, che comincia con un’ammissione: gli Stati Uniti avevano trascurato la Jugoslavia. Nonostante la Grande Guerra fosse deflagrata proprio nei Balcani, con l’attentato di Sarajevo e lo zio Sam ne fosse stato coinvolto dall’aprile del 1917, a pace firmata Washington si disinteressa del neonato regno, forse perché gli scambi commerciali sono esigui. “All’interno del Dipartimento di Stato – sottolinea McCormick - erano in pochi a essere bene informati sulla Jugoslavia e sulle questioni balcaniche in generale. Il primo fra gli ignari era il segretario di Stato Cordell Hull, un uomo con poca esperienza e poco interesse nelle ralazioni internazionali, che – annota ironicamente l’autore - diventò il più longevo segretario di Stato della storia americana”.

In quegli anni il regno dei Serbi Croati e Sloveni diventa regno di Jugoslavia. Il 6 gennaio ’29 re Alessandro Karadjordjević, approfittando della paralisi del Parlamento, lacerato dalle divisioni tra le nazionalità, abroga la Costituzione e impone la sua dittatura perché teme la guerra civile. La reazione in Croazia è furibonda. Se ne fa interprete un avvocato nato nel 1889 in Erzegovina, Ante Pavelić, che fonda all’estero, dove si è rifugiato dopo il colpo di stato, il movimento ustascia, termine che significa insorto, ribelle. Con il motto “Za Dom, Spremni!” (per la Patria pronti) gli aderenti giurano di lottare per la Croazia indipendente con un revolver e una croce. Il movimento cresce anche sulle ceneri del Partito dei Diritti e si propone come “bastione della cristianità” contro l’ortodossia serba e il crescente comunismo, trovando sponda nell’Italia fascista di Mussolini e nell’Ungheria clerical conservatrice di Horty. L’assassinio di re Alessandro nel ’34 a Marsiglia segna l’acme del terrorismo ustascia. Che non serve a destare l’interesse di Washington, preoccupata soltanto che le comunità serba (circa 50 mila) e croata (circa 140 mila) negli Usa non creino problemi. Per il resto Washington continua a ignorare i Balcani, mentre gli inglesi capiscono la pericolosità del movimento ustascia e degli altri movimenti estremisti che scuotono il regno. Con l’aggressione di Germania, Italia, Ungheria, Bulgaria alla Jugoslavia nasce lo stato indipendente di Croazia e cominciano efferati massacri di serbi, ebrei e rom che la chiesa cattolica avalla. Lo scrive chiaramente McCormick sottolineando l’incontro, sia pure non ufficiale, concesso a Pavelić da papa Pio XII e l’appoggio in patria del cardinale Stepinac. Eppure la chiesa sapeva dei massacri, di cui furono responsabili anche alcuni francescani. E aiutò il dittatore nella sua lunga fuga quando vinsero i partigiani di Tito. Una pagina tragica scritta dal Vaticano nel nome dell’anticomunismo. Pavelić muore nel 1959 in esilio in Spagna, per i postumi di un attentato subito due anni prima, ma gli ustascia torneranno alla ribalta negli Anni novanta creando non pochi imbarazzi al presidente Tudjman e anche agli attuali esponenti dell’Accadizeta.–

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