La Francia nel 1789, la radice borghese della Rivoluzione che cambiò il mondo

Domenica 18/11 al Verdi - inizio alle 11 - Luigi Mascilli Migliorini inaugura la nuova rassegna di conferenze a ingresso gratuito
Ferdinand Victor Eugene Delacroix (1798-1863) was a leading French romantic painter, who used bright color and dynamic treatment. He did this painting...
Ferdinand Victor Eugene Delacroix (1798-1863) was a leading French romantic painter, who used bright color and dynamic treatment. He did this painting...

TRIESTE Al Teatro Verdi tornano le Lezioni di storia, promosse dal Comune di Trieste, ideate e progettate dagli Editori Laterza con il contributo della Fondazione CRTrieste e con la media partnership de “Il Piccolo”. Il primo dei sei contri (l'ultimo è il 24 febbraio), dedicati alle storiche rivoluzioni avvenute tra il XVIII e il XX secolo, avrà luogo domenica 18 novembre, alle 11. Si inizia con "1789. La rivoluzione francese" di Luigi Mascilli Migliorini, il cui intervento pubblichiamo in sintesi qui sotto.

di Luigi Mascilli Migliorini 

La rivoluzione francese è la dimostrazione che a volte la storia non può imboccare strade diverse da una rottura violenta. Per capirlo bisogna comprendere cos’era la Francia negli anni che precedettero lo scoppio della rivoluzione e quante erano le contraddizioni che si erano accumulate. La Francia dell’Illuminismo, il più progredito paese d’Europa a quel tempo, nascondeva un veleno, la bancarotta dello stato causata dall’eccesso di spese che nasceva anche da una corte dispendiosa. Le entrate provenivano da una parte esigua della società, ovvero dalla borghesia, il cosiddetto Terzo stato. Pur essendo economicamente un paese robusto, la Francia aveva due grandi aree di privilegio, il clero e la nobiltà. Per ragioni antiche questi settori della società ritenevano di non dover pagare le tasse. Di fronte alle richieste della borghesia di una più equa pressione fiscale, la monarchia, che aveva aiutato lo svilupparsi di questo ceto, si trovava di fronte a un bivio. O accoglieva le richieste e faceva pagare le tasse anche alla nobiltà, oppure rinnegava tutto quello che essa stessa aveva compiuto a favore della borghesia nel corso di un secolo. La soluzione di questo groviglio si trovava nelle mani di un personaggio che non era il più adatto a gestire questo complesso nodo.

Luigi XVI provò a compiere dei tentativi di riforme che andarono nella direzione di far pagare una parte di tasse alla nobiltà, ma di fronte alla irritazione dei nobili il re fece marcia indietro. A questo punto il re tentò un’altra iniziativa e convocò l’assemblea degli stati generali, un arnese istituzionale dell’antico regime che serviva a consigliare il re sul da farsi. Vi facevano parte, sulla base di un principio di rappresentanza più o meno paritaria, la nobiltà, la borghesia e il clero. Per la prima volta il re, tentando un’altra apertura, accettò di far rappresentare il Terzo stato da un numero di persone pari a quello degli altri due. Fino a questo momento tutto scorreva nell’alveo interno al sistema e non era immaginabile una soluzione violenta. Da febbraio fino a maggio, quando era prevista la convocazione degli stati generali, la Francia fu attraversata da discussioni, raccolte nei ‘cahiers de doléances’ che danno una radiografia del paese nel 1789, dalle quali non emergeva per nulla il problema della abolizione della monarchia. Il quadro complessivo era di grande normalità e niente sembrava far presagire di trovarsi alla vigilia di una rivoluzione.

Con “Rivoluzione!” al Verdi di Trieste ritornano le Lezioni di Storia
louis xvi on his way to the temple prison, during the french revolution, is made to wear a green bonnet, a convict's bonnet. from a contemporary print.

La situazione precipitò nel momento in cui i rappresentanti della borghesia si resero conto che l’assemblea degli Stati generali avrebbe votato per ordine e non per teste. La borghesia, che era maggioritaria come numero di persone e come rappresentanza nella società, sarebbe pertanto rimasta sempre in inferiorità di fronte al clero e alla nobiltà. Il Terzo stato decise allora di separarsi dagli altri due e, rifiutando l’ordine del re di tornare a riunirsi nell’assemblea, fece il passo cruciale. La Francia prese la via della rivoluzione. Da quel momento si diffusero voci di complotti monarchici contro i rappresentanti del popolo e la paura, la condizione di attesa, trovò sbocco, per scivolamenti progressivi, nella violenza. Il passaggio politico si tradusse in un passaggio simbolico quando il popolo, appropriandosi del diritto alla violenza, si fece protagonista della giornata della Bastiglia.

Al Verdi per le Lezioni di Storia nei posti riservati alla community
Lasorte Trieste 08/03/15 - Teatro Verdi, Lezione di Storia


Secondo alcuni studiosi la rivoluzione è finita il 14 luglio 1789 e da quel momento in poi vi è stato solo il precipitare degli eventi. Altre tesi sostengono invece che è ancora in parte da compiere, perché fino a che ci sarà una diseguaglianza bisognerà far valere gli ‘immortali principi’ della rivoluzione. Senonché negli ultimi anni i termini della questione sono radicalmente mutati. Oggi si mette in discussione l’idea stessa che alcuni diritti possano valere per ogni spazio e per ogni tempo. Tutto questo non deve portare a mettere in discussione la nozione di universalità dei nostri diritti, però non è facile immaginare che qualche cosa di natura universale riposi in una costruzione come quella della rivoluzione da non poter essere oggi anche confutata. —

 

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