La fragilità degli anziani protagonista in scena con Reggio e Dapporto

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«All'inizio i rideva ma dopo li gavemo fati pianzer». Questo il fulminante sms di Ariella Reggio dopo la prima a Catania di “Un momento difficile” di Furio Bordon, nuova produzione del Teatro Stabile regionale con lo Stabile di Catania che andrà in scena al Rossetti dal 26 febbraio al 3 marzo, protagonisti l'attrice triestina e Massimo Dapporto. Un messaggio che dà la cifra della pièce: una riflessione sul mondo fragile degli anziani, sulla malattia e sui familiari che se ne prendono cura fatta di accenti malinconici ma anche di leggerezza. Un tema, quello affrontato dal commediografo triestino, che segna la collaborazione tra il Rossetti e l’Associazione de Banfield (la presentazione ha avuto luogo nel suo centro, Casa Viola), per un teatro come «strumento di divulgazione e sensibilizzazione sociale», a detta della vicepresidente Teresa Squarcina, sul difficile tema della vecchiaia. «Mia madre soffriva di demenza e l'ho tenuta con me fino all'ultimo giorno - spiega al riguardo Bordon -. In quegli ultimi due faticosi anni ho trovato in questa struttura un appoggio straordinario: oltre a sostenere il malato sostengono anche chi ci vive accanto, figli, mariti o mogli che siano. Ho trovato un'umanità senza pari, senza corazza nonostante il bombardamento emotivo che subiscono quotidianamente».
“Un momento difficile” racconta infatti di un figlio che si adopera per assistere l'anziana madre ormai in preda alla demenza e forma, con “Le ultime lune”, ultima interpretazione di Marcello Mastroianni e “La notte dell'angelo” con Omero Antonutti, una sorta di “trilogia delle età indifese”.
«Legata a “Le ultime lune”, affronta i problemi della decadenza – continua l'autore -: lì dove c'era un padre, un prof colto e spiritoso, qui c'è una madre. Entrano poi in scena altre figure. Sono fantasmi, ricordi: il padre del protagonista, come la stessa madre da giovane: c'è quindi una persona anziana che dialoga con la se stessa giovane».
«Mi sono accorto che mentre nel primo testo c'è un padre un po’ cinico che prende in giro il figlio e una madre molto dolce, qui i ruoli s'invertono, con una madre invece caustica e con una certa superbia intellettuale. Di autobiografico c'è quindi solo il quadro clinico: perché se tu hai personaggi vivi, questi ti prendono per un polso e ti portano dove vogliono loro, anche in luoghi totalmente inaspettati».
«Il testo si è scritto da solo, in una trentina di giorni. La ricerca del protagonista è stata rapidissima. Ho telefonato di sera a Dapporto: «Ho un testo che sarebbe giusto per lei». La mattina dopo mi ha risposto che gli piaceva tantissimo e che avrebbe voluto farlo. Oggi non ho più tanta voglia di parlarne, tanto ce l'ho nella pancia: sottolineo solo che parla molto dei parenti che assistono e del fatto che vedi la persona che ti ha sempre garantito amore che improvvisamente ti può odiare. E tu puoi arrivare a fare altrettanto, macerandoti poi di sensi di colpa».
«O è autobiografico oppure Furio Bordon sa tutto della mia vita – spiega Dapporto - tanto che interpretare il testo è come affrontare una seduta psicanalitica. Mia madre se n'è andata ottantenne: era triestina perciò venivo spesso a passare le vacanze qui. Quando ho letto il testo mi hanno colpito subito tre parole che usava l'autore, strettamente legate alla città: “solario”, dove mia mamma andava scatenando in me piccolo fastidio e gelosia, “sanatorio” e “pescecane”, e qui è scattato il ricordo di quando andavo all'Ausonia negli anni '50 e non mi lasciavano scendere in acqua».
«Per seguire una persona malata – continua l'attore milanese - devi garantire assistenza, amore e sopportazione. Mia mamma a volte se ne approfittava, a volte si divertiva a guardarmi in silenzio o a fingersi morta. Il risultato è che io parlo a me stesso mentre faccio lo spettacolo, è veramente una terapia. Faccio poca fatica a interpretare il personaggio: per me è piuttosto un dichiarare se stessi». —
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