La doppia vita dei cosacchi in Carnia divisi fra violenza e nostalgia contadina

Il libro di Patrizia Deotto “Stanitsa Tèrskaja” sull’occupazione a Verzegnis tra il ’44 e il ’45, da oggi in vendita con “Il Piccolo”

MARCELLO FLORES

Il Friuli Venezia Giulia è stata la regione dove, per una serie di motivi, gli anni della seconda guerra mondiale sono stati più tragici e intensi: perché i nazisti hanno inglobato il territorio direttamente sotto il loro controllo (Zona d’operazioni Litorale adriatico), perché la violenza fascista, soprattutto contro le popolazioni slave, si è manifestata con ferocia e determinazione, perché il confine da stabilire tra Italia e Jugoslavia alla fine della guerra si è riempito di eventi e problemi (conflitti interpartigiani, occupazione jugoslava di Trieste, ruolo di Urss e Usa) particolarmente spinosi.

All’interno di questo periodo tragico e intenso si situa l’avventura dei Cosacchi in Carnia, che dura dall’ottobre del 1944 al maggio 1945, e che viene riproposto nel libro bello e documentato “Stanitsa Terskaja. L’occupazione cosacca a Verzegnis (ottobre 1944 - aprile 1945)”, edito da Gaspari, che Patrizia Deotto ha scritto utilizzando memorie e archivi sia di parte russa che italiana.

I cosacchi giungono in Carnia al seguito della Operazione Waldläuer, con cui i tedeschi impiegano decine di migliaia di uomini per porre fine alla Zona Libera della Carnia, una delle più ampie, più longeve e più importanti tra le «repubbliche partigiane» che presero vita nel 1944.

Al seguito dei tedeschi vi sono circa 5000 cosacchi armati, ai quali è stata promessa la creazione di una Kosakenland in Carnia e che vi giungono, quindi, con le loro famiglie e beni illudendosi di poter ricreare in quelle montagne la loro comunità perduta in Russia. Deotto non racconta soltanto gli aspetti storici, più o meno noti, del passaggio dei cosacchi in Carnia, compreso il ruolo che ebbero di collaborazionisti con i nazisti e la tragica fine quando vennero riconsegnati dagli Alleati ai sovietici e alla vendetta di Stalin: senza distinzione tra chi era stato responsabile di violenze e di crimini e i civili e le famiglie contadine che avevano cercato di adattarsi a una convivenza con il popolo in cui si erano dovuti inserire. Nel momento della ritirata e della fuga tedesca, le decine di migliaia di cosacchi e caucasici che si erano stanziati in Carnia si erano diretti verso l’Austria e avevano deciso di consegnarsi agli inglesi, nella speranza, forse anche la promessa, di poter essere mandati tutti insieme in Canada. Gli accordi tra gli Alleati, invece, prevedevano che fossero ricondotti nella loro madrepatria iniziale, e cioè in Urss, dove conobbero una fine terribile.

La narrazione che ci trasmette Deotto è un racconto di vita, anzi di vite che s’intrecciano e si sovrappongono, si combattono ma cercano anche di trovare una forma di compromesso e di coabitazione, giungendo a volte a forme di solidarietà impensabili nel momento dell’occupazione. La ricostruzione storica, così, si confonde con l’analisi antropologica e con la valorizzazione delle memorie, a volte diverse e contraddittorie, che di quel periodo si tramandò nelle famiglie e nelle comunità della Carnia. Sono soprattutto i cittadini di Verzegnis, che fu l’epicentro della colonizzazione carnica da parte cosacca, a ricordare non soltanto la sopraffazione e la diffidenza, ma anche la curiosità per un mondo diverso ma anch’esso «contadino», che si poteva cercare di comprendere malgrado si fosse presentato sotto la veste di occupante e al seguito della ferocia nazista.

La doppia vita dei cosacchi in Carnia, divisi tra le forme militari di repressione della guerriglia partigiana, il terrore seminato nei villaggi, la razzia dei beni della popolazione locale, e il desiderio di stanzialità delle loro famiglie che cercano di mantenere forte una identità collettiva (la lingua, le usanze, la religione) che rischiava di andare perduta, riemerge con vivacità nei ricordi che sono rimasti in Carnia, tramandati nelle famiglie e parte di una memoria collettiva che è al tempo stesso molto realistica ma anche necessariamente mitica.

Oggi, a 75 anni da quegli eventi, la vicenda così unica e particolare dei cosacchi in Carnia, ci permette di volgere uno sguardo più completo all’esperienza drammatica che fu nel Friuli Venezia Giulia la seconda guerra mondiale. —

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